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del flusso e reflusso del mare. | 395 |
di quello che si faccino i tanti accidenti del flusso e reflusso del mare, e massime se chiameremo in comparazione le vanità prodotte sin qui da gli altri autori per render ragione di questi medesimi effetti.
Molte altre considerazioni potrei proporre se io volessi descendere a più minuti particolari, e molte e molte più se ne addurrebbono quando noi avessimo una copiosa distinta e veridica istoria di osservazioni fatte da uomini periti e diligenti in diversi luoghi della Terra; dalle conferenze e rincontri delle quali con l’ipotesi assunta potremmo più resolutamente determinare e fondatamente stabilire sopra questa tanto oscura materia. Della quale io per ora pretendo di aver solamente dato una qualunque si sia abbozzatura, atta, se non altro, a eccitare gli studiosi delle cose naturali a far per l’avvenire qualche reflessione sopra questo mio nuovo pensiero; quando però ei non si rappresenti e manifestamente si scuopra per tanto vano, che a guisa di un sogno seco porti una breve imagine di vero con una immediata certezza di falsità: il che rimetto al giudizio de gli accorti specolatori.
E finalmente, per ultima conclusione e sigillo di questo mio breve Discorso, quando l’ipotesi presa, e corroborata per l’addietro solo da ragioni ed osservazioni filosofiche ed astronomiche, fosse, in virtù di più eminente cognizione, dichiarata fallace ed erronea, converrebbe altresì non solamente revocar in dubbio questo che ho scritto, ma reputarlo del tutto vano e fuori di proposito; e per quanto appartiene alle quistioni proposte, dovremmo o restar con desiderio che i medesimi che avessero mostrata la fallacia de’ discorsi ne arreccassero le proprie e vere ragioni, o pur reputare queste essere di quelle cognizioni che Iddio benedetto ha voluto ascondere a gli umani intelletti, o finalmente, con miglior consiglio, rimuoverci da queste ed altre vane curiosità, le quali ci consumano gran parte di quel tempo che assai più utilmente potremmo o dovremmo impiegare in studii più saluti feri. E qui, baciandogli riverentemente la vesta, umilmente me gli raccomando in grazia.
Scritta in Roma, dal Giardino de’ Medici, li 8 di Gennaio 1616.