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326 | lettera |
non solamente se gli comanda che non vegghino quel che e’ veggono e che non intendino quel che gl’intendono, ma che, cercando, trovino il contrario di quel che gli vien per le mani. Però, prima che far questo, bisognerebbe che fusse lor mostrato il modo di far che le potenze dell’anima si comandassero l’una all’altra, e le inferiori alle superiori, sì che l’immaginativa e la volontà potessero e volessero credere il contrario di quel che l’intelletto intende (parlo sempre delle proposizioni pure naturali e che non son de Fide, e non delle sopranaturali e de Fide). Io vorrei pregar questi prudentissimi Padri, che volessero con ogni diligenza considerare la differenza che è tra le dottrine opinabili e le dimostrative; acciò, rappresentandosi bene avanti la mente con qual forza stringhino le necessarie illazioni, si accertassero maggiormente come non è in potestà de’ professori delle scienze demostrative il mutar l’opinioni a voglia loro, applicandosi ora a questa ed ora a quella1, e che gran differenza è tra il comandare a un matematico o a un filosofo e ’l disporre un mercante o un legista, e che non con l’istessa facilità si possono mutare le conclusioni dimostrate circa le cose della natura e del cielo, che le opinioni circa a quello che sia lecito o no in un contratto, in un censo, o in un cambio. Tal differenza è stata benissimo conosciuta da i Padri dottissimi e santi, come l’aver loro posto
1-2. che ei non vegghino quel che veggono e che non intendino quel che intendono — 5-7. si comandino l’una... volontà possino e voglino credere — 19. circa quello — 20. censo in —
1-2. che e’ non vegghino quel che e’ veggono e che e’ non intendino quello che egli intendono, s — 9-ÌO. prudentissimi e sapientissimi Padri, s — 13. illazioni, accertassero, s — 14. l’opinione a, s — 19. circa quello che è lecito, s —- ↑ Quanto segue, da « e che gran differenza » sino a « e ciò par » (pag. 327, lin. 25), nel cod. V si legge aggiunto su di un foglio a parte e con segno di richiamo. Le ultime tre parole di questo brano, «e ciò par», sono scritte di mano di Galileo. Prima che fosse introdotta tale aggiunta, di séguito a «ora a questa ed ora a quella», continuava, come si distingue sotto le cancellature, cosi: «e che ciò apparisca molto ragionevole e conforme alla natura, si vede; perchè molto più facilmente si posson trovar le fallacie in un discorso da quelli che lo stiman falso, che da quelli che lo reputan ecc.», proseguendo poi con quelloche ora si legge a pag. 327, lin. 27. Nel cod. G, dopo «ora a questa ed ora a quella» seguita: «e ciò par molto ragionevole ecc.» (pag. 327, lin. 25); ma una nota marginale, che dice «vedi nel fine», scritta d’altra mano, rimanda all’ultima carta del fascicolo contenente la presente Lettera, sulla qual carta è scritto, della medesima mano della nota citata, il tratto che non si legge al suo posto. Di questa stessa mano sono sparse nel codice alcune poche correzioni e postille, ed è quella altresì la quale esemplò i codici da noi chiamati con la sigla G della lettera al Castelli e della lettera a Mons. Dini in data 23 marzo 1615.