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intorno alle macchie solari ecc. 197

più volte maggiore che ’l giorno, mentre ella ne è priva; ed arebbono facilmente compreso, che ’l diametro del suo piccolissimo globo non agguaglia tal volta la centesima parte del diametro solare. Era, secondariamente, necessario distinguere una costituzione da un’altra, e non indifferentemente pronunziare, il diametro visuale di Venere esser la decima parte di quel del Sole, essendo che tal diametro quando la stella è vicinissima alla Terra è più di sei volte maggiore che quando è lontanissima; la qual differenza se bene non è precisamente osservabile se non col telescopio, è nondimeno assai percettibile anco con la vista semplice. Cessa, dunque, in questo particolare l’autorità de gli astronomi citati da Apelle, sopra la quale egli si appoggia. E quando bene si ammettesse, taluna macchia esser visibile nel disco solare che non agguaglia in lunghezza la centesima parte del diametro ne in superficie una delle diecimila parti del cerchio visibile del Sole, non creda per ciò di aver concluso maggiormente l’apparizion di Venere; perchè io gli replico, che il suo diametro nella congiunzione mattutina non pareggia la dugentesima, nè la sua superficie la quarantamilesima parte, del diametro e del visibil disco del Sole.

Quanto alla seconda fuga de gli avversarii, cioè che non sia necessario che Venere oscuri parte del Sole, potendo ella esser corpo per sè stesso lucido, non resta, per mio parere, convinta per quello [fac. 14, ver. 22; fac. 25, ver. 32.[pag. 40 lin. 15]] che produce Apelle; perchè, quanto alla semplice autorità de gli antichi e moderni filosofi e matematici, dico che non ha vigore alcuno [Autorità può indurre opinione, non scienza naturale.] in stabilire scienza di veruna conclusione naturale, ed il più che possa operare è l’indurre opinione e inclinazion al creder più questa che quella cosa. Oltre che, io non so quanto sia vero che Platone s’inducesse a por Venere sopra ’l Sole rispetto al non vederla nelle congiunzioni sotto ’l suo disco in vista tenebrosa: so ben che Tolommeo parla in questo proposito molto diversamente da quello che vien allegato da Apelle; e troppo grave errore sarebbe stato nel principe de gli astronomi il negar le congiunzioni dirette di Venere e del Sole. Quello che dice Tolommeo nel principio del libro nono della sua Gran

1. quando ella ne è priva A, B; in B quando è corretto, di mano di Galileo, in mentr’ — 12. In luogo di E quando bene si ammettesse, in A si legge Ed ammettendogli io, cancellato e corretto in E quando bene io gli ammetta; e questa è la lezione anche di B, ma in B fu corretto, pur di mano di Galileo, conforme a quello che legge la stampa. — 14. dieci mila, B, s — 17. matutina, s — 23 (postilla marginale), pol indurre, s — 24. di alcuna conclusion, A, B; in B alcuna è corretto, di mano di Galileo, in veruna. —