Ch’a dire il vero è1 un vituperio espresso.
Però, prima ch’usar2 più questi panni,
Vo’ rinunziar la cattedra a Ser Piero3,
E se non la vuol lui, a Ser Giovanni4. 265Io vo’ che noi facciamo a dir il vero:
Che crediam noi però però ch’importi5
Aver la toga di velluto nero,
E un che dreto il ferraiuol ti porti,
E che la notte poi ti vadia avanti 270Con una torcia, come si fa a’ morti?
Sappi che questi tratti tutti quanti
Furon trovati da qualcuno astuto6,
Per dar canzone e pasto agl’ignoranti,
Che tengon più valente e più saputo 275Questo di quel, secondo ch’egli arà
Una toga di rascia o di velluto.
Dio sa poi lui come la cosa sta7!
Ma s’io avessi a dire il8 mio parere,
Questo discorso un tratto non mi va. 280Ch’importa aver le vesti rotte o intere,
Che gli uomini sien Turchi o Bergamaschi,
Che se gli dia del Tu9 o del Messere?
La non istà ne’ rasi o ne’ dommaschi10;
Anzi vo’ dirti una mia fantasia, 285Che gli uomini son fatti com’i fiaschi.
Quando tu vai la state11 all’osteria,
Alle Bertuccie, al Porco, a Sant’Andrea,
Al Chiassolino o alla Malvagia,
Guarda que’ fiaschi, innanzi che12 tu bea 290Quel che v’è drento; io dico13 quel vin rosso,
Che fa vergogna al greco e alla verdea:
Tu gli vedrai che non han tanto in dosso14,
Che ’l ferravecchio ne dessi un quattrino;