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intorno alle cose che stanno in su l’acqua ecc. 95


del luogo del medesimo Aristotile, esser locato importa esser circondato dalla superficie del corpo ambiente: adunque allora saranno le due figure nell’acqua, quanto la superficie dell’acqua le abbraccerà e circonderà. Ma quando gli avversari mostrano la tavoletta d’ebano non discendente al fondo, non la pongono nell’acqua, ma sopra l’acqua, dove, da certo impedimento (che più a basso si dichiarerà) ritenuta, resta parte circondata dall’acqua e parte dall’aria; la qual cosa è contraria al nostro convenuto, che fu che i corpi debbano esser nell’acqua, e non parte in acqua e parte in aria.

Il che si fa altresì manifesto da l’esser stata la questione promossa tanto circa le cose che devono andare al fondo, quanto circa quelle che dal fondo devono ascendere a galla. E chi non vede che le cose poste nel fondo devono esser circondate dall’acqua?

Notisi, appresso, che la tavoletta d’ebano e la palla, poste che sieno dentro all’acqua, vanno amendue in fondo, ma la palla più veloce, e la tavoletta più lenta, e più e più lenta secondo che ella sarà più larga e sottile; e di tale tardità ne è veramente cagione l’ampiezza della figura: ma queste tavolette, che lentamente discendono, son quelle stesse che, posate leggiermente sopra l’acqua, galleggiano: adunque, se fusse vero quello che affermano gli avversari, la medesima figura in numero sarebbe cagione, nella stessa acqua in numero, ora di quiete e ora di tardità di moto: il che è impossibile; perché ogni figura particolare che discende al fondo, è necessario che abbia una determinata tardità sua propria e naturale, secondo la quale ella si muova, sì che ogni altra tardità, maggiore o minore, sia impropria alla sua natura; se dunque una tavoletta, v. g., d’un palmo quadro, discende naturalmente con sei gradi di tardità, è impossibile che ella discenda con dieci o con venti, se qualche nuovo impedimento non se le arreca; molto meno dunque potrà ella, per cagion della medesima figura, quietarsi e del tutto restare impedita al muoversi, ma bisogna che, qualunque volta ella si ferma, altro impedimento le sopravvenga che la larghezza della figura. Altro, dunque, che la figura è quello che ferma la tavoletta d’ebano su l’acqua: della qual figura è solamente effetto il ritardamento del moto, secondo ’l quale ella discende più lentamente che la palla. Dicasi per tanto, ottimamente discorrendo, la vera e sola cagione dell’andar l’ebano al fondo esser l’eccesso della sua gravità sopra la gravità del-