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AVVERTIMENTO.




Il Granduca Cosimo II, uno dei coronati discepoli di Galileo, usava spesso radunare intorno a sé i più valenti uomini che con la intelligente sua protezione aveva o trattenuti in patria o richiamati, e da loro voleva essere informato delle varie questioni che si agitavano fra gli studiosi; talora proponeva egli medesimo argomenti nuovi alle discussioni, e non di rado anche vi prendeva parte: e di questa sua abitudine talmente si compiaceva, che ogni qual volta ospitava illustri personaggi di passaggio per Firenze, nessuna maggior cortesia credeva di poter loro usare, che quella di farli assistere a siffatti dotti congressi.

Nell’estate dell’anno 1611 essendo pertanto sorta questione intorno ai fenomeni della condensazione e rarefazione tra Galileo e taluni suoi amici e discepoli da una parte, e dall’altra alcuni sostenitori delle dottrine aristoteliche, capitanati da Lodovico delle Colombe, antico avversario del Nostro1 ed essendosi da questi ultimi sostenuto, il condensare esser proprietà del freddo, prese Galileo a dimostrare che il ghiaccio è piuttosto acqua rarefatta che condensata. Opposero allora i contradittori che il galleggiare del ghiaccio non dipendeva da aumento di mole e diminuzione di gravità, ma dal fatto che la figura più larga e piana era causa che, non potendo fender la resistenza dell’acqua, non si sommergesse: e così la discussione allargandosi si portò sulla tesi generale sostenuta da Galileo, che non la figura, ma sì bene la maggiore o minor gravità rispetto all’acqua è cagione di stare a galla o in fondo, e che perciò tutti i corpi più gravi dell’acqua, di qualunque figura siano, indifferentemente vanno al fondo, e i più leggieri, pur di qualsivoglia figura, stanno indifferentemente a galla.

Passarono intorno a tale questione alcune private scritture, proponendosi anche

  1. Vedi di questa edizione il vol. III, par. I, pag. 12; e cfr, nel presente vol. IV, a pag. 340, lin. 4-7 a pag. 356, lin. 18-20, nei quali passi il Colombe accenna alla sua scrittura Contro il moto della terra, da noi pubblicata nel citato vol. III, pag. 251-290.