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48 | diversi fragmenti |
rotondi e manco gravi non restino a galla; perchè, come di sopra si dimostrò, piccoli globetti di ferro, ed anco di piombo, nell’istesso modo galleggiano.
Propone poi un’altra questione, al creder mio similmente falsa: ed è, che alcune cose per la lor picciolezza nuotano nell’aria, come la minutissima polvere di terra e le sottilissime foglie d’oro. Ma a me pare che l’esperienza ci mostri, ciò non accadere non solamente nell’aria, ma nè tampoco nell’aqqua; nella quale descendono sino a quelle particole di terra che la intorbidano, la cui piccolezza è tale che non si veggono, se non quando sono molte centinaia insieme. La io polvere, dunque, non pur di oro, ma ancora di terra, non si sostiene altramente in aria, ma descende al basso, e solamente vi va vagando quando venti gagliardi la sollevano o altra agitazione di aria la commuove: il che anco avviene nell’agitazion dell’aqqua, per la quale si commuove la sua deposizione del fondo, e s’intorbida. Ma Aristotile non può intendere di questo impedimento della commozione, del quale egli non fa mai menzione; anzi non nomina altro che la leggerezza di tali minimi, e la resistenza della crassizie dell’aqqua e dell’aria: dal che si vede che egli tratta dell’aria quieta, e non agitata e commossa; ma, in tal caso, né oro né terra, per minutissimi che siano, si sostengono, anzi speditamente descendono.
Passa poi al confutar Democrito, il quale, per sua testimonianza, voleva che quelli atomi ignei, li quali continuamente ascendono per
der «posate per lo largo»: e però quando dice che le figure lunghe, come un ago, benché leggiere, non restano a galla [non restano a galla sostituito a vanno al fondo, cancellato], si deve intender «posate per lo lungo». Di più (già che è forza consumar parole in persuadere a i ciechi che ’l sole è chiaro), o Aristotile credeva che un ago, posa[to] su l’aqqua, restasse [restasse sostituito a restava] a galla; o credeva [o credeva sostituito a o non lo sape[va], cancellato] che ei non restasse. Se ei credeva che non restasse, ha ben potuto dire che l’ago posto per lungo va al fondo, come veramente ha detto; ma se ei credeva e sapeva che i ferretti lunghi e sottili supernatssero, per qual cagione [segue cancellato non], insieme col problema dubitativo del galleggiar le figure [lar]ghe, ben che di materie gravi, non ha egli anco introdotta la dubitazione, onde avvenga che anco le figure lunghe e sottili, ben che di ferro odi piombo, supernatano? e massime che la cagione del dubitare par [segue cancellato più] maggiore nelle figure lunghe e strette che nelle larghe e sottili. Questi sono de i favori che alcuni partigianelli di Aristotile frequentissimaniente gli fanno, che, per purgarlo da un difettuzzo nel quale tal volta, ingannato da una verisimile apparenza, sarà incorso, gli addossano o gravissimi difetti o puerili inezie. Diciamo, dunque, pur liberamente, che Aristotile credette che le figure larghe solamente stessero a galla; ma le lunghe e sottili, no: il che poi è falso, sì come