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234 operetta intorno al galleggiare ecc.

nessun valente greco nelle scienze avrebbe mai contraddetto all’altro; e pur veggiamo tante dispute fatte tra loro medesimi. Perlochè dico che chiunque, qual che si sia lo interesse, non pregia e riverisce la verità, non si dee veramente, il bene dello ’ntelletto abbandonando, stimare uomo, ma più tosto una mala bestia.

Torniamocene al nostro proposito, e consideriamo le parole d’Aristotile, che sono: «Le figure non sono causa del muoversi semplicemente in giù o in su, ma del muoversi più tardi o più velocemente; e per quali cagioni ciò avvenga, non è difficile il vederlo.» Il Galilei intorno a queste parole dice che Aristotile nomina le figure come cause del tardo e del veloce, escludendole dall’esser cause del moto assoluto e semplice. Ma io non veggio che Aristotile abbia detto che le figure io sian cause del moto assoluto e semplice, ma dice che sono ἁπλῶς, cioè semplicemente, cause: e la ragione è chiara; perchè Aristotile mai distingue i moti assoluti e non assoluti, ma nel retto, nel circolare e nel misto, e parla in questo testo universalmente, dicendo che le figure non sono cause da per sé di niun moto. Né meno intende che le figure siano cause del moto semplice e non composto, ma intende universalmente di qual si voglia moto locale. E venendo all’esplicazione di quella parola semplicemente, credo che ci potremo quietare nella dichiarazione d’Ammonio nel capitolo Del genere, esponendola in quattro modi, cioè universalmente, particolarmente, propriamente e vanamente. In questo luogo la prende Aristotile «propriamente», volendo dire che ’l moto proceda dall’essenzia della cosa e non dalla figura, come altri avevano detto, seguendola in quella guisa che fa l’ombra il corpo, essendo essa accidente, cioè ente imperfetto; e per questa cagione non può produr moto, però che tale opera appartiene alla natura. Anzi essendo il moto più perfetto della figura, ella non può esser causa efficiente d’un effetto più nobile di sé: però questa serve alla natura a produrre tale effetto, come all’architetto servono gli strumenti all’opera. E sì nobile è il moto, che rappresenta quasi la natura che lo fa: onde non senza ragione gli antichi filosofi chiamarono i moti termini delle nature, perciochè sì come i termini separano lo cose tra loro, così i moti distinguono le nature. La figura, adunque, non fa altro che concorrere più meno alla intenzione del proprio motore, per la maggiore 30 minor resistenza, come abbiamo detto. Però conclude Aristotile che la diversità de’ moti secondo il più meno tempo non può procedere dalla natura, essendo la stessa, ma dalla diversità delle figure, in quanto sono cagioni che ’l solido più meno vinca. Siano, adunque, le figure da per sé cause non del moto, ma del modo, cioè del più veloce e più tardo, che si fa per la più e meno resistenza.

Il Galilei segue che, se per Aristotile le figure sono cause del moto più tardo o più veloce, adunque non potranno essere cause della quiete. Si risponde, essere tutto il contrario: che se, per essere dilatate, alcune figure impediscono il mobile dal suo moto e fanno il moto più tardo, quando saranno molto dilatate lo im-