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232 | operetta intorno al galleggiare ecc. |
dividerlo, esso resisterebbe al dividente e cederebbe allora quando fosse da forze maggiori superato; perchè cede veramente, non avendo però mancato di fare quanto ha potuto per ritardare almeno la vittoria al nimico: e tanto più resiste nel combattere, quanto è più denso. E si vede ancora per esperienza che, quando si spigne con la mano l’acqua in giù, si sente qualche resistenza; la quale non si sentirebbe, se le parti cedessero solamente, e non resistessero: come anche il medesimo avviene a chi va contro al vento o a chi fende la terra.
Ma torniamo alle ragioni del Galilei, che impugnano la resistenza del mezzo: delle quali la prima è che, se fosse la resistenza, tanto sarebbe nelle parti interne, quanto nelle prossime alla superficie. Alla quale si risponde che la cosa meno io grave dell’acqua, ancorché galleggi, si sommerge in ogni modo, più o meno secondo la maggiore o minor gravità; e la stessa acqua, secondo la maggiore o minor grossezza, sostiene più o meno la cosa che le sta sopra: come, per esempio, una nave si solleverà più nell’acqua salata che nella dolce; come ogn’altra cosa atta a salire dal fondo, salirà più presto nel mare che nell’acqua dolce. Ma torniamo alla nave, e diciamo che questo le avviene perchè la cosa che sta sopr’acqua più e meno vince, secondo la proporzione della gravità sua in paragone di quella dell’acqua; e sosterrà più la maggior quantità che la minore, delle parti dell’acqua:
e però sosterranno più una cosa grave le parti dell’acqua che sono prossime alla superficie insieme con quelle che le sono lontane, che loro sole, che potrebbono esser vinte dalla maggior gravità; perchè, se bene la cosa è più lieve secondo la natura, ricerca nientedimeno una certa proporzione del mezzo, in proporzione della figura e della gravità.
Il secondo argomento è che ogni corpo nell’acqua, se è grave va al fondo, se è lieve sta a galla; adunque cede, ma non resiste. Questo argomento è contro di lui: perchè, se delli corpi più gravi dell’acqua, che per loro natura vanno al fondo, altri vanno più presto ed altri più tardi, e delli corpi leggieri altri s’immergono più ed altri meno, ne seguirà necessariamente che si dia la resistenza; perochè se l’acqua solamente cedesse, come per termine di creanza fa al nobile il plebeo, non ci sarebbe causa alcuna di varietà, perchè il cedere sarebbe uno ed indifferente.
Adduce, seguendo, l’esempio dell’acqua torbida, nella quale dice che le materie intorbidanti stanno sei sette giorni a discendere al fondo: il quale esempio fa simigliantemente per noi; perchè, se non fosse la resistenza, quelle particelluzze non starebbono tanto a discendere al luogo loro, ma vi discenderebbono in un momento. Perlochè, quantunque il Galilei si dimostri di mal animo contro Aristotile, pure porta le ragioni sue in suo favore.
Indi segue dicendo che non si potrà trovare minima virtù, che alla resistenza dell’acqua all’esser divisa non sia minore: che: «se fosse di qualche sensibil potere, qualche larga falda si potrebbe trovare di materia simile in gravità al-