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di giorgio cortesio. 219

diante la ragione della condensazione, essendo, secondo Alessandro, nel primo delle Quistioni, capitolo sesto, il ghiaccio acqua alterata molto, dovrebbe alquanto discendere; il che non fa, divenuto per l’aria contenuta, che supplisce e supera la gravità acquistata per accidente, più leggieri: ed in questa guisa un accidente va contrappcsando l’altro. La quale opinione non è invenzione nuova dell’Autore, perchè fu innanzi d’Averroe, nel cemento decimo del terzo del Cielo, che volle che ’l ghiaccio fosse acqua rarefatta; la quale fu da tutti rifiutata. Ma chi sa che egli non volesse dire «rarefatta per accidente», in quanto, essendo dell’acqua uscito lo spirito e l’altre parti più sottili che corrispondono all’aria, viene, in quelle parti allargandosi che rimangono nel costringimento, il tutto a rarefarsi?

Altrimenti sarebbe contro alla dottrina d’Aristotile, che spesso esclama l’acqua esser condensata dal freddo; e sarebbe contro Ippocrate nel libro Dell’aria acqua e luogo, Teofrasto nel capitolo Se l’aria grossa o sottile conferisca alla condensazione, ad Alessandro Afrodiseo nel libro Della generazione e corruzione, a Galeno Delle facoltà de’ semplici medicamenti, nel primo capitolo, nel 16 e nel 17 e altrove, a Macrobio nel libro settimo de’ Saturnali capitolo duodecimo, e Simplicio, e altri infiniti.

Il Galilei dice che di poi gli fu risposto, che ’l ghiaccio stava a galla per la ragion della figura larga; alla qual cosa contraddisse, asserendo che la figura non era cagione di far galleggiare o andare al fondo. Ma di questo parleremo al suo luogo, e volgeremo al presente il nostro ragionamento a quello che egli va ricercando, cioè la intrinseca e vera cagione dell’ascendere alcuni corpi solidi nell’acqua e in quella galleggiare, o vero discendere; ove egli asserisce, non acquietarsi interamente nella ragione data da Aristotile, e perciò conclude, con Archimede, essere l’eccesso della gravità dell’acqua che supera la gravità di quelli.

Nella qual cosa dovrebbe pure acquietarsi, poiché non solo per la ragion d’Aristotile, ma per la natura ancora della cosa stessa, è noto appresso a tutti gli uomini che, quanto la cosa è più grave, vada tanto più in giù. Anzi Aristotile in poche parole esplica chiarissimamente la cosa ne’ libri del Cielo e in altri luoghi: che le parti per intrinseca inclinazione vanno al proprio luogo, chiamando intrinseca inclinazione la gravità o vero la leggerezza; e la cagione ne’ misti dichiara in una parola, farsi il moto loro dall’elemento predominante. Ma è ben da considerare, contro all’Autore, che non conviene chiamare la gravità intrinseca e vera cagione, concorrendo ella all’operazione come potenza solamente e non come intrinseca causa, appartenendo questo alla natura della cosa o almeno alla densità, come vera causa se bene accidentale. Ma gli principi sono molti: il cielo, il generante e qualche volta il togliente lo impedimento, la forma (la quale se sia principio solamente passivo attivo, o attivo e passivo, non è al proposito), la densità e la gravità.

E Alessandro Afrodiseo, nel primo dell’Anima cap. 2, dice: «Il caldo e ’l secco facciamo spezie di fuoco, e da questi e in questi è generata la leggerezza. E ’l