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208 | operetta intorno al galleggiare ecc. |
qualche siccità, per tenere più di terra, che le fa anche più grosse; e però le parti più sottili, come inette, sono cacciate, e, per supplire al vacuo, parte si costringono le grosse, e parte vi resta l’aria che l’agghiaccia.
Discorso Secondo,
nel quale si pruova che Aristotile senza ragione e biasimato dall'Autore intorno a’ principi del discendere il solido.
Ora, poi che l’Autore dice che Aristotile non conobbe che ’l più grave discendesse più giù, cioè che le parti terree non cercassero d’andare al luogo loro, cosa veramente che non solo da Aristotile, ma nò da niun altro, quantunque rozzo, è stata mai ignorata, toccherò per necessità alcuni luoghi del medesimo Aristotile, da’ quali si cava la vera specolazione di questi principi. E perchè il discendere, come il salire, son moti secondo l’ove, considereremo intorno a ciò alcune cose, per conoscere quello che fa di bisogno in questo proposito.
Dico, per tanto, che nel moto locale degli elementi si hanno da considerare cinque cose: il movente, principio del moto; il mosso; il luogo; la causa finale; e ’l tempo. Quanto al principio, o ver causa, si distingue in due modi: nell’essenziale ed accidentale. E dall’essenziale, che produce il moto, cominciando, intorno ad essa considereremo cinque opinioni, differenti l’una dall’altra. Poiché:
Empedocle ebbe opinione che ’l cielo fosse principio, scacciando col suo rapidissimo moto gli elementi. Che fu in questa guisa rifiutata da Aristotile: Se ’l cielo scacciasse gli elementi, i moti loro sarebbono violentati. Oltracciò, l’aria non si muoverebbe in giù, ma sarebe scacciata dal cielo. Altri dicono che, non avendo il cielo altro moto che quel della luce, non può muover gli elementi. A. questo aggiungo che l’agente sarebbe molto lontano dal mosso. Ma s’Empedocle non avesse detto altro che quello, cioè che ’l cielo fosse principio, senza quell’altre parole che scaccia gli elementi, non direbbe forse una novella; considerando io che Aristotile, nel terzo delle Meteore, ci insegna che le qualità degli elementi procedono dal cielo, anzi, come saviamente dico Ermino, il mondo inferiore al superiore viene ad essere come materia all’operante; e però i filosofi dissero che tutte le cose del mondo sottano si governano dal sovrano, costituite da esso per azione ovver privazione.
E la seconda opinione fu di quegli che pensavano che ’l luogo fosse principio; perchè il desiderio d’esso muove gli elementi ad acquietarsi e riposarsi in lui. Ma egli non è veramente causa; ma è piuttosto causa di quiete, che di moto. È adunque causa finale, e non eificiente: per lo che Alessandro e Simplicio dividono il moto dell’elemento in due modi; nel proprio, in quello cioè che riceve dal generante per acquistare il suo luogo, e nell'accidentale, quando uscitone