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di accademico incognito. | 169 |
metterò nell'arbitrio suo l’assegnare una profondità qual più gli piace, purché non la togga infinita; ed io poi farò un’assicella lunga e lara quanto la proposta d’ebano, ma la farò grossa, o vogliamo dire alta, 2 dita, 4, un palmo, un braccio, dieci braccia, 100, mille, e sarà tale che, posta nell’aqqua, si profonderà tutta, e farà il suo arginetto, in virtù del quale resterà a galla, ma levatolo via anderà al fondo; ed all’incontro, farò un’assicella della medesima lunghezza e larghezza, e grossa solamente l’ottava parte di un dito, e ben che poco profondamente divida l’aqqua, non però sarà possibile farla restare a galla: or chi dirà che questa, che intacca meno di un quarto di dito, interamente e bene divida, e che quella, che intacca 100 braccia affondo, non divida interamente? Aggiugni di più, che quella, che resterà a galla, peserà 100 libre, e questa, che non potrà restare, peserà manco di una: anzi, di più, questa medesima falda, che non può restare a galla, con l’aggiugnergli 10 libbre di peso e mantenendo l’istessa larghezza, resterà. Piglia un testone; questo non starà mai: aggiugnigli un cilindro di cera, alto 10 braccia; starà in virtù dell’arginetto, ed averà diviso l’aqqua mille volte più che il semplice testone; e levato l’arginetto, andrà in fondo.
[56] sì tenace che alzerà 1000 libbre di peso.