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intorno alle cose che stanno in su l’acqua ecc. | 137 |
falsi principii: ma chi, rettamente filosofando, riconoscerà per cagioni di tali effetti gli eccessi della gravità de’ mobili e de’ mezzi, dirà che l’uovo va al fondo nell’acqua dolce perché è più grave di lei, e viene a galla nella salsa perché è men grave di quella; e senza intoppo alcuno molto saldamente stabilirà le sue conclusioni.
Cessa, dunque, totalmente la ragione che Aristotile soggiugne nel testo, dicendo: «Le cose, dunque, che hanno gran larghezza, restano sopra, perché comprendono assai; e quello che è maggiore, non agevolmente si divide»; cessa, dico, tal discorso, perché non è vero che nell’acqua o nell’aria sia resistenza alcuna alla divisione; oltreché la falda di piombo, quando si ferma, ha già divisa e penetrata la crassizie dell’acqua, e profondatasi dieci e dodici volte più che non è la sua propria grossezza. Oltre che, tal resistenza all’esser divisa quando pur fusse nell’acqua, sarebbe semplicità il dir che ella fusse più nelle parti superiori che nelle medie e più basse: anzi, se differenza vi dovesse essere, dovrieno le più crasse esser le inferiori, sì che la falda non meno dovrebbe essere inabile a penetrare le parti più basse, che le superiori dell’acqua; tuttavia noi veggiamo che non prima si bagna la superficie superior della lamina, che ella precipitosamente e senza alcun ritegno discende sino al fondo.
Io non credo già che alcuno (stimando forse di potere in tal guisa difendere Aristotile) dicesse che, essendo vero che la molta acqua resiste più che la poca, la detta lamina, fatta più bassa, discenda perché minor mole d’acqua gli resti da dividere: perché, se dopo l’aver veduta la medesima falda galleggiare in un palmo d’acqua e anche poi nella medesima sommergersi, e’ tenterà la stessa esperienza sopra una profondità di dieci o venti braccia, vedrà seguirne il medesimo effetto per appunto. E qui torno a ricordare, per rimuovere un errore assai comune, che quella nave, o altro qual si voglia corpo, che sopra la profondità di cento o di mille braccia galleggia col tuffar solamente sei braccia della sua propria altezza, galleggerà nello stesso modo appunto nell’acqua che non abbia maggior profondità di sei braccia e un mezzo dito. Né credo altresì che si possa dir, le parti superiori dell’acqua esser le più crasse, benché gravissimo autore abbia stimato, nel mare l’acque superiori esser tali, pigliandone argomento dal ritrovarsi più salate che quelle del fondo: ma io dubiterei dell’esperienza, se già nell’estrar l’acqua del fondo non s’incontrasse