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avvertimento. 407

revoluzione in giorni 3, or. 13 e un terzo incirca. Il terzo passa in un’ora gr. 2, m. 6 in circa del suo cerchio, e lo misura tutto in giorni 7, ore 4 prossimamente. Il quarto, e più lontano degli altri, passa in ciaschedun’ora gr. 0, m. 54 e quasi mezzo, del suo cerchio, e lo finisce tutto in giorni 16, or. 8 prossimamente»1 Di qui dunque apprendiamo, essere riuscito a Galileo di ottenere già nell’aprile del 1611 una prima e buona approssimazione dei periodi revolutivi, senza però che se ne possa conchiudere, essere i numeri qui riferiti quelli che effettivamente rappresentino questa prima approssimazione: che anzi l’esame del materiale originale permette di affermare che tali numeri sono già il risultato di tre, quattro ed anche più correzioni, e rappresentano i periodi considerati da Galileo come i più perfetti nell’aprile 1612, quando si cominciò a stampare il Discorso. Ad anticipare in questo la notizia degli scoperti periodi Galileo fu indotto da parecchi motivi, e soprattutto dal timore di esser prevenuto da altri2, sebbene della scoperta fatta si fosse affrettato a dar notizia agli amici, e fra gli altri a Daniello Antonini, ch’era «di quelli che ciò istimavano cosa impossibile»3; anzi pare che già fra il maggio ed il giugno dell’anno 1611, oltre alla notizia, avesse pur mandato all’Antonini qualche «aspetto» da osservare4. Nè i timori di Galileo apparivano ingiustificati, chè all’invito, del quale abbiamo toccato, aveva risposto il Kepler, sebbene da principio avesse stimata la cosa difficilissima, anzi quasi impossibile, ed a gran fatica fosse riuscito a trovare, con grossolana approssimazione, confermato il periodo della stella tardissima, già annunziato nel Sidereus Nuncius, e quanto alle altre: «proxima ab illa, sed maxime omnium conspicua, spacio dierum octo..., reliquae duo multo adhuc breviori temporis curriculo»5

Ma più ancora che questo risultato, pubblicamente annunziato dal Kepler, noi crediamo abbia influito ad indurre Galileo ad anticipare quella pubblicazione un episodio intervenutogli con uno dei suoi amici e corrispondenti, monsignore Gio. Battista Agucchi. Si trovava questi in Roma nell’occasione in cui vi si era recato Galileo per far toccare, diremmo quasi, con mano, la verità delle sue scoperte celesti, e gli era stato presentato da Luca Valerio6., comune amico; ed in quella circostanza avevano insieme conferito «intorno alla figura e movimento dei Pianeti Medicei», sicché, richiesto l’Agucchi da un “Signor principale” di fargli un’impresa di cose celesti, pensò di prender per corpo le nuove stelle Medicee, e non risovvenendosi più esattamente di quanto dalle labbra di Galileo aveva udito circa le dimensioni delle loro orbite, si rivolse a lui, pregandolo di signi-

  1. Cfr. Vol. IV, pag. 63-64.
  2. Cfr. Vol. XI, pag. 175-176.
  3. Cfr. Vol. XI, pag. 129.
  4. Altri ne mandò in seguito a Gio. Francesco Sagredo per lui e per gli altri amici di Venezia. Cfr. Vol. XI, pag 330.
  5. Ioannis Kepleri S.ae C.ae M.tis mathematici Dioptrice, seu demostratio eorum quae visui et visibilibus propter propter conspicilla non ita pridem inventa accidunt. Praemissae epistolae Galilaei de iis quae post editionem Nuncii Siderii ope perspicilli, nova et admiranda in coelo deprehensa sunt, ecc. Augustae Vindelicorum, typis Davidis Franci, MDCXI, pag. 14.
  6. Cfr. Vol. XI, pag 205.