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avvertimento. 405


sotto l’11 dicembre 1610 scriveva a Giuliano de’ Medici: «Spero che haverò trovato il metodo per definire i periodi de i quattro Pianeti Medicei, stimati con gran ragione quasi inesplicabili dal S. Keplero»1 Tutto però rimaneva ancora entro i confini della speranza, giacché il 30 dello stesso mese mandava a Benedetto Castelli: «Se la mia mala complessione mi concedesse il far continue osservazioni, spererei in breve di poter definire i periodi di tutti quattro; ma mi è necessario, in cambio di dimorare al sereno, starmene bene spesso nel letto»2.

Dall’insieme di queste varie comunicazioni sembra risultare che tutto intero il primo anno dalla scoperta passò senza che Galileo avesse fatto notabili passi verso la soluzione del gravissimo problema. Ciò sembra anche provato dai suoi diarii d’osservazione, nei quali per tutto l’anno 1610 si trovano segnate le configurazioni dei satelliti per mezzo di quattro stellette, senz’alcun segno che mostri aver Galileo riconosciuto quale dei satelliti stesse ad indicare. Né a questo proposito si deve passare sotto silenzio che in quei primi tempi, come egli stesso confessa3 per la inesperienza nell’osservare e per la inefficacia dello strumento, non riusciva a distinguere i satelliti altro che alla distanza di almeno tre semidiametri dal centro di Giove. Avvertiamo tuttavia che sotto il 29 dicembre 1610 si trova questa nota: «H. 5. 30’ fuit pianeta in perigeo, nempe ??4», ma non è ben sicuro che queste parole siano state scritte all’atto dell’osservazione; come nemmeno quest’altre che si leggono a fianco dell’osservazione fatta alle ore 5 del 24 gennaio 1611: «??fuit in auge ante occasum hor. 0.30'»5.

Col dicembre 1610 però, essendo Giove ormai in posizione tale da permettere a Galileo le esplorazioni dei satelliti nelle ore più comode della sera, egli vi attese con zelo raddoppiato6. Gradatamente cominciò a distinguere l’uno dall’altro dei quattro; e nel suo diario originale d’osservazione sotto i primi mesi del 1611 i segni convenzionali ??, con cui, salvo variazioni nella posizione respettiva dei punti, egli usò sempre denotarli, cominciano ad occorrere qua e là intorno alle stelline.

Sembra certo che la teoria delle Medicee fosse il principale soggetto delle meditazioni di Galileo a partire dal febbraio 1611, poiché mentre al 12 di quel mese scriveva ancora a Paolo Sarpi: «spero di aver trovato il modo da poter determinare i periodi di tutti quattro, cosa stimata per impossibile dal Keplero e da altri matematici», e ciò dopo aver recati nuovi miglioramenti al cannocchiale, cosicché egli potesse scorgerli «più apparenti assai che le stelle della seconda grandezza»7, sotto il 1° aprile mandava da Roma al Vinta queste parole, che annunziano l’impresa ormai progredita: «Ho trovato che i nominati Padri (cioè

    neto, di scienze, lettere ed arti. Tomo LX, pag. 317-342). Venezia, tip. Carlo Ferrari, 1901.

  1. Cfr. Vol. X, pag. 483.
  2. Cfr. Vol. X, pag. 504-505.
  3. Cfr. Vol. III, Par. II, pag. 686.
  4. Cfr. Vol. III, Par. II, pag. 440.
  5. Cfr. Vol. III, Par. II, pag. 441.
  6. Cfr. Vol. XI, pag. 54.
  7. Cfr. Vol. XI, pag. 49.