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286 contro il moto della terra.


vono visibili mediante una densità del Cielo sottopostole, che a guisa del detto occhiale le rappresenta maggiori che elle non sono, e sparendo quella parte di Cielo più densa, s’occultano agli occhi nostri. Ma, per tornare là onde ci dipartimmo, ecco che non leveriano ad ogni modo gli epicicli del Cielo per questa nuova e sognata invenzione di locare nel centro del Mondo il Sole e la Terra fuor di esso centro, se però fosse possibile. Aggiungo, che alla Luna è necessario aggiungere un altro epiciclo che cinga tutto quel corpo, e lo faccia come se fosse rotondo e liscio senza inegualità alcuna, a voler che ella si possa volgere dentro al suo Cielo, e dir che ella sia circondata dall’aria, e non sia nel Cielo altramente, se è vero, secondo alcuni, che ella sia montuosa e piena di valli e dentata; perchè altrimenti ella non potrebbe volgersi nel suo Cielo: ma non è nelP aria, come vuole il Copernico, che, non sendo altro che una Terra, starla sospesa in aria fuori del centro della gravezza; il che è impossibile, come si è provato.

Ma quanto sia pien di vanità il dir che la Luna sia montuosa, infinite sarebbon le ragioni, e da non trattarle per incidenza in così breve discorso. Basta ben che per adesso noi mostriamo a coloro, che per cagion dell’occhiale si sono fitti in questo parer sino a gola, che egli è un inganno del senso che fa parere altrui quel che veramente non è; e a dirne il vero, in primo aspetto, ancora a me fece l’occhiale sospettare che l’opinione di Pittagora si potesse sostenere per vera, vedendo nel corpo lunar tante differenze di rarità, che monti e valli e balze rassembrano, sì che un’altra Terra mi parca di rimirare. Se non che la naturale filosofia e la scola teologica non solo, ma l’autorità delle Sacre Carte, che non può mentire, mi tennero forte a non credere quello che era inganno del senso, per lasciar da canto la ragione e la verità stessa: sì che tosto m’occorse alla mente la soluzione di tale apparenza, donde si vede manifestamente il senso in tale lontananza esser ingannato. Ora per maggiore intelligenza ricordiamoci che da due maniere sono i sensibili in respetto al senso: alcuni si domandan sensibili communi, e alcuni sensibili proprii, perchè i primi convengono a più sensi, ed i secondi ad un senso solo. Quegli che sono proprii di un solo senso, non possono ingannarlo, quando sono ricevuti dal senso non alterato e nella proporzionata distanza, e di questi dice il Filosofo: stultum est relinquere sensum propter rationem. Tale è il colore; a cui rappresentandosi l’occhio, subbito e senza errore alcuno lo conosce. Ma ne’ sensibili comuni, come è la figura, il luogo, il moto e la positura delle cose, l’occhio facilissimamente s’inganna, e molto più nelle gran lontananze; dove quel corpo che sarà quadro, apparirà tondo; lo sferico, piano; il piano, per la varietà de’ colori, ombre e lumi, apparirà che rilevi e sfondi: e nulladimeno sarà falsa cotale apparenza, come le tavole dipinte ci mostrano»

Applicando adunque al proposito nostro, diciamo che, essendo il corpo lunare ripieno di parti più dense e più rare (le quali densità non sono nella superficie di quel corpo solamente, come i colori nelle tavole dipinte, ma ancora per entro