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eguali. Rispose, che faceva così per manco fatica: e replicandogli io che all’incontro così veniva a raddoppiare e non diminuir la fatica, essendo egualmente difficile e tedioso il dividere li due lati del quadrato, che la circonferenza del quadrante, in 200 parti eguali; e pur interrogandolo ancora, se la detta circonferenza doveva esser divisa in parti eguali, e rispondendo egli di sì; prima gli dissi, quanto da questo apertamente si comprendeva come egli mai non aveva considerato, non che pratticato, questo Strumento, del quale si faceva inventore, già che non si era ancora accorto come le predette divisioni sopra il quadrante erano ineguali, venendosi sempre verso il mezo ristringendo; e più gli domandai come potessi essere, che ei non intendesse essere impossibil cosa che le dette divisioni, cavate, nel modo che egli scrive, dal quadrato, venisser sopra il quadrante eguali, non essendo, nè potendo essere, la circonferenza del detto quadrante parallela alli due lati del quadrato VX, XY. Qui, fattosi egli forte, e dicendo che sapeva benissimo che le parti su ’l quadrante erano diseguali, e che non intendeva se non del quadrato, quando si era trattato di parti eguali, in luogo di ringraziarmi dell’avvertimento datogli, voleva dimostrarsene conoscitore per avanti: onde, vedendo io questa ingratitudine, fui necessitato a mostrar che quanto diceva era falso, producendo le sue proprie parole, le quali nel medesimo luogo poco più a basso scrive, e sono queste: Sicque firmatis omnibus, applicataque regula centro K, et singulis quadratus divisionibus (bella grammatica, credendo che quadratum si declini quadratus quadratus quadratui; il che si vede anco a car. 40 a1, in quel titolo: Usus quadratus, volendo dire L’uso del quadrato) exteriorem periferiam arcus T diligentissime dividemus, prout unico exemplo demonstrare possumus, applicata namque regula ad punctum K et ad primam divisionem lateris VX secabimus exteriorem periferiam arcus T in puncto Z sicque successive donec in 200 partes aequas illa fuerit divisa. Il che inteso, uno de i Signori Riformatori disse: Partes aequas vuol dire parti eguali. E fe’ cadere a quel furor la vela.

Spedita questa parte, egli stesso, non so con qual proposito, trapassò a voler mostrare come, contro a quello che io avevo altra volta detto a gl’Illustrissimi ed Eccellentissimi Signori Riformatori, nel suo libro erano moltissime operazioni le quali nell’opera mia non si ritrovavano; e presentando una nota dove ne erano registrate molte per

  1. Cfr. pag. 490.