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di baldessar capra. 521

doveva. Ma notisi, in cortesia, quanto il desiderio di appuntar, ben che irragionevolmente, le azioni mie avanzi nel Capra la volontà di deporre un vero che non porti in fronte qualche macchia per l’onor mio; poi che, non potendo egli negare che io non attribuissi al suo maestro il vanto d’essere stato il primo che in Padova osservasse la nuova Stella, passa sotto silenzio la onesta menzione che io feci di ciò, e m’impone a mancamento che io non nominassi l’Illustrissimo Sig. Cornaro, il quale fu solamente semplice relatore di quanto il Capra li aveva detto avere insieme con suo maestro osservato. Veggasi quello che in questo proposito scrive nel libro della nuova Stella, a car. 7 b, dove in ultimo conclude con queste parole: Da questo cavasi una conclusione necessaria, cioè che l’Eccell. Galileo habbia havuto il tempo, et il loco di questo nuovo portento dall’lllustr. Cornaro, del che nondimeno non ne ha lui fatta alcuna menzione nelle sue lezioni. Ma se io nominai il suo maestro, da cui ne fui fatto avvisato per mezo del Sig. Cornaro, perchè tacer questo, e biasimarmi perchè io non nominassi il detto Signore?

Ma per seguire quello che è il mio presente intento, cioè di mostrare con quali, in parte frivolissime, ed in parte falsissime imposture, costui sino da quel tempo procurasse di avvilire l’onore e la riputazion mia, considerisi prima la incivile, anzi villanesca, e temeraria sua maniera di operare, mentre che, per farsi campo da potermi lacerare, si piglia ardire di por mano a stampar quello che si immagina che io abbia detto nelle mie lezioni e quello che non ho voluto publicare io con le stampe. Bisogna dunque che altri vada molto circonspetto nel parlare alla presenza di questi tali, li quali, quasi spie del mondo, quello che altri, o trasportato dal corso delle parole, o per inavvertenza, o pur per ignoranza, si lascia uscir di bocca, molto sottilmente raccolgono, ed al-l’orecchie dell’universo fanno pervenire. Adunque i privilegii e le abilità, che il tempo concede alli studiosi, di poter accorgersi de gli errori, emendarli, una, due e cento volte rivedere, limare e castigare li scritti proprii, saranno dalle petulanti e vigilanti censure di costoro aboliti ed’annullati? Io non so in quali scuole abbia il Capra imparato questa bruttissima creanza: dal suo maestro alemanno non credo certo, perchè, facendosi egli scolare di Tico Brae, aveva da quello potuto imparare, ed al suo discepolo mostrare, quali termini usare si devino nel publicare non solamente le cose dette da altri, ma le già communicate e mandate attorno con scritture private; ed ambidue, come