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GALILEO GALILEI

A I LETTORI.




Io non credo, prudenti lettori, che verun altro dolore a quello si agguagli, il quale l’animo di persona ben nata, tra costumi onesti allevata, ed in virtuosamente operare sempre occupata, affligge e tormenta, quando dalla malignità di temerario calunniatore, senza alcun suo demerito, dell’onore, con le proprie azioni virtuose meritato e conseguito, non meno inaspettatamente che ingiuriosamente si vede spogliare.

È stimata la perdita de i figliuoli apportatrice di sommo cordologlio; ma chi ben considera, che altro perde chi de i figliuoli resta privo, che quello, che non pure in poter di ogn’uomo, ma dell’impeto di ogni fiera è in potestà di produrre e di rigenerare? Si dorrà forse alcuno, e non senza urgente cagione, nel vedersi spogliare e denudare di ogni sustanza e di tutte le sue facultadi: ma che? se gliene sortì il padronaggio per eredità, qua! più legittimo dominio vi ebbe sopra, che qualunque altro a cui la sorte o il caso solamente tal possessione contese?

e se per propria industria ne fece aqquisto, non si doglia altrimenti implacabilmente, restandogli ancora il modo di poter fare il secondo, con maggior lode di quella con che ne fece il primo guadagno. Dirà forse alcuno, acerbissimo essere il duolo della perdita della vita: anzi pur, dirò io, questo esser minor de gli altri; poi che colui che della vita ci spoglia, ci priva nell’istesso punto del poterci noi più né di questa, né di altra perdita lamentare. Solamente in estremo grado di dolore ci riduce colui, che dell’onore, della fama e della meritata gloria, bene non ereditato, non dalla natura, non dalla sorte o dal