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AL SER.MO D. COSIMO MEDICI

principe di toscana, etc.






Se io volessi, Serenissimo Principe, spiegare in questo luogo il numero delle lodi che alla grandezza de i proprii meriti dell’A. V. e della Sua Serenissima Casa si devono, così lungo discorso far mi converrebbe, che il proemio di lunga mano il resto del ragionamento avanzerebbe; onde io mi asterrò di tentare quell’impresa, al mezo della quale, non che al fine, condurmi diffiderei. Oltre che, non per accrescere splendore alla Serenità Vostra, che già come nascente Sole per tutto l’occidente risplende, ho io abbracciata l’occasione di dedicarli la presente fatica, ma, all’incontro, acciò che il fregio e l’ornamento del nome vostro, che in fronte, com’io nell’anima, porterà sempre scritto, all’oscure sue tenebre grazia e splendore aqquisti. Nè io come oratore per esaltare la gloria di Y. A. S. gli vengo avanti, ma come devotissimo servo ed umilissimo vassallo li porgo un debito tributo; il che prima avrei fatto, se la tenerezza della sua età non mi avesse persuaso ad aspettar questi anni a simili studii più accomodati. Che poi questo picciol dono deva esser con lieta fronte ricevuto dall’A. V., non devo io mettere in dubio; sì perchè l’infinita sua umanità nativa me lo persuade, e la proporzione, che ha questa lettura con li altri tanti suoi esercizii regli, me l’afferma; sì ancora, oltre a ciò, perchè l’esperienza stessa me l’accerta, essendosi ella, per gran parte dell’estate passata, degnata di ascoltar con tanto benigna udienza dalla mia viva voce l’esplicazione di molti usi di questo Strumento. Gradirà dunque l’A. V. S. questo mio, dirò quasi, scherzo matematico a i