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avvertimento. | 153 |
sebbene anche da questi si discosti, talora, com’è probabile, in conseguenza di mutamenti arbitrari dell’editore1: de’ quali mutamenti, però, noi non abbiamo certo a meravigliarci, poichè il Danesi, osando assai più, cercò persino di far credere, aver egli compilato il Trattato da manoscritti di Galileo; e riuscì in ciò così bene, che il «Trattato di Mecaniche cavate dal Galilei» fu compreso anche in una raccolta degli scritti del Danesi fatta a Ferrara nel 16702. La stampa Bolognese delle Opere di Galileo del 16563, pur conoscendo l’esistenza dell’edizione Ravennate4, non la seguì; ma dovette esser fatta sopra un codice affine a quelli della classe A. Per la Fiorentina del 17185 se fu riprodotta la Bolognese, fu però anche tenuto a riscontro un altro codice, pur della classe A; inoltre, il testo fu ritoccato secondo emendamenti congetturali, e ammodernato quanto all’ortografia. L’edizione Padovana del 17446 si tenne a ristampare, con lievissime mutazioni, la Fiorentina. In queste tre ultime edizioni è poi omesso quanto nella presente si legge da pag. 161, lin. 9, a pag. 163, lin. 17, rimandando, per gli argomenti qui discorsi al secondo dei Dialoghi delle Nuove Scienze. L’ultima stampa Fiorentina riprodusse, invece, questo tratto, e si giovò anche de’ codici a e b, non seguendoli però nè con la conveniente fedeltà, nè con norma costante.
Al Trattato propriamente detto abbiamo fatto seguire, conforme l’esempio di tutti i codici e delle precedenti edizioni, un capitolo sopra la forza della percossa, argomento al quale pure rivolse Galileo la propria attenzione nel tempo del suo soggiorno a Padova. Di tale capitolo, oltre gli otto codici contenenti intero il Trattato delle Meccaniche, conosciamo una copia (Mss. Gal., Par. V, T. V, car. 98), che certamente è quella medesima che Giovan Battista Baliani mandò, come appare da una sua lettera del 19 agosto 16397 a Galileo, desiderando sapere dal sommo filosofo, il quale sembra non serbasse più memoria di questo lavoro giovanile, se lo riconosceva per suo. Tale copia infatti è della medesima mano dalla quale il Baliani fece scrivere, firmandole poi, e la lettera or ora ricordata e quella del 9 settembre dell’anno medesimo8, in cui si rallegra che Galileo abbia riconosciuto per proprio il discorso della percossa; e porta, inoltre, sul tergo del foglio bianco che la accompagna (car. 99 v.), le parole: «Della percossa. Discorso mio primo et antico», le quali possiamo ben credere siano state dettate dalla bocca stessa di Galileo, che ormai più non poteva scriverle di suo pugno.
- ↑ Devono, per esempio, considerarsi, con ogni probabilità, quali aggiunte arbitrarie del Danesi quelle che cadrebbero a pag. 186, lin. «continuatamente e in un dato tempo, con una data forza, ne solleva indicibile quantità», e ivi, lin. 26 «pendente, tanto che il punto L sia più basso del punto I», che, sebbene siano state riprodotte in tutte l’edizioni seguenti, mancano però in tutti i codici a noi noti.
- ↑ Opere del Cavaliere Luca Danesi ecc. In Ferrara, M. DC. LXX. Per Giulio Bolzoni Giglio Stampatore Episc.; pag. 1-66 (numerate a parte), in fine del volume. — Cfr. Favaro, Rarità bibliografiche ecc., pag. 20-22.
- ↑ Vol. I, pag. 1-35, con numerazione distinta, in fine del volume.
- ↑ Cfr. la Prefazione di Carlo Manolessi A’ Discreti, e Virtuosi Lettori, premessa al Vol. I.
- ↑ Tomo I, pag. 597-623.
- ↑ Tomo I, pag. 553-575.
- ↑ Mss. Gal., Par. VI, T. XIII, car. 155.
- ↑ Mss. Gal., T. cit., car. 165.