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di anacreonte. 107


Egli amava una vaga, una bella,
     Ma severa, ma casta donzella,
     21Che giammai non conobbe pietà.
Ei la segue, ella fugge, e qual pianta
     Di corteccia e di frondi s’ammanta,
     24E in alloro cangiando si va,

Febo, acceso d’un tenero affetto,
     Febo corre per stringere al petto
     27La cagion del suo vivo martir.
E abbracciando quel tronco, gli sembra
     D’abbracciarne le tenere membra,
     30D’esser quasi vicino a gioir.

Onde avvien, ch’oggi più dell’usato
     Io ti senta commosso agitato,
     33Mio pensier, da qual estro non so?
Tendi l’arco, e con braccio gagliardo
     Alla meta vibrando il tuo dardo.
     36Trionfante partir ti vedrò.

No: che fai? Della Diva più vaga
     Tu quell’arco deponi, che impiaga
     39Dell’Olimpo lo stuolo divin.
E imitando il buon vecchio di Teo,
     Tu ripiglia col plettro Febeo
     42Fra i mortali l’usato cammin.