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ben altre cose! a simili gargarozzi niuna pillola riesce troppo grossa o troppo amara. — Tacque.

— Tutto insieme, dissi io, mi avete fatto vedere un’accolta di scellerati ineccezionabili, e non avrei mai creduto che tanta malvagità si trovasse nel mondo.

— Tu hai veduto precisamente scellerati ineccezionabili, pure ritenuto l’aggiunto ti vedrai mutato il soggettivo.

— Non v'intendo.

— M'intenderai a suo tempo.

— Dio mio! Che razza di gente sozza, ignorante, taccagna, vigliacca e ladra! Fossero almeno tutti in un luogo e non contaminassero molte parti della terra, chè allora si potrebbe scrivere all’ingresso di quel luogo:

Fuggi viator, che quivi alberga e stanzia
Delle genti il vitupero.

— Fra i possibili vi è anche questo; ma lesto spacciati, vieni, che ci restano solo pochi istanti. Avrei qualcun altro a mostrarti, ma il tempo incalza, e me lo nega; son qui da presso, di lor non ti curar, ma guarda e passa.

Così dicendo s’avviò di gran passo pel corridoio: io voleva seguirlo, ma le mie gambe, allora appunto che io voleva camminassero più veloci, mi si impacciarono, impigliarono di guisa, che quanto più io mi aiutava di correre, tanto più esse il mi negavano. A grande stento potei giungere fino alla settima stanza, e mosso da curiosità gettai gli occhi là dentro, e viddi un uomo tangoccio anzi che no, il quale scioccheggiava con una scrignuta; in fronte aveva scritto: lo scurra.

Il vecchio accortosi che io non lo seguitava, tornò addietro in gran fretta, e levatomi in collo tragittommi in un attimo in fondo al corridoio, e mi posò sulla soglia di una gran porta.