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sità pregò lo suocero a prestargli soccorso e tutto si pose nella di lui generosità.

Lo suocero, conterazzano di Trippaccia, penetrato dalla infelice condizione del genero, offerse generosa ospitalità e ad esso e alla di lui famiglia, e poco dopo tutti li accoglieva in sua casa. Il giovane, riconoscente a tanto benefizio, procacciò di non essere per intero a carico dello suocero, aiutandosi di prestargli ogni sorta di servigi, e di promuovere nei di lui poderi la maggior rendita possibile.

Sebbene a nissuno dasse fastidio, a niuno fosse di peso, eccetto il suocero, e vivesse una vita ritirata e solitaria, non potè evitare la malevolenza di Trippaccia e di Tremerello, ai quali fu sempre di insopportabile peso la pace e la contentezza altrui. Costoro si intesero di distruggere l’opera benefica del suocero, e di contrastare al genero quel poco di pace che allor godeva, insinuando al governo di bandire dallo Stato questo straniero. Posero mano all’opera, rappresentando alle superiori autorità che questo giovane spargeva per il paese massime e sentimenti rivoluzionari e sovversivi; che la di lui permanenza in quel luogo era sommamente pregiudicievole alla pace e tranquillità dei paesani, e che era quindi prudente e provvido l’allontanarlo quanto prima fosse possibile. Le autorità al solito crederono cecamente alle calunnie di questi due iniqui, e fecero subito sentire al forestiero, che esse non potevano tollerare la di lui dimora nello Stato, se prima non si procurava l’opportuno salvacondotto del governo.

Questa inaspettata ordinanza portò la costernazione nella infelice famiglia del disgraziato giovine, e senza por tempo in mezzo, la di lui moglie si recò tutta affannosa dallo zio Trippaccia, e desolatamente pian-