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— Ditemi qualcosa di questo apparente ermafrodito.

— Ascolta! Appartenente a cospicua famiglia, ancor giovinetto fu mandato dal padre agli studi in una florida città, ma effeminato e lascivo, siccome egli era fin d’allora, più che allo studio si diede alla licenza, al libertinaggio. Di intelletto ottuso, e alieno dallo studio, rimase un vero ignorante: per la sciocca società aveva però un merito, quello cioè di esser ricco; non mancò quindi di protettori, e avviatosi per la carriera degl’impieghi civici, ben presto ne ottenne uno con buona provvigione.

Avvenuta intanto la morte del di lui padre, e divisa con altri due fratelli la eredità, potè disporre liberamente di rilevanti somme. Si congiunse allora al vizio ricchezza e indipendenza, ciò che appunto abbisognava a questo libertino per tutte sfogare le sue passioni. Rotto ogni freno la diè pel mezzo senza alcun pudore, si ravvoltolò e tuffò fin agl’occhi nelle lordure della lussuria, e vi gavazzò per entro come il verro nel suo brago. In tanta sua scapigliatura i più scandalosi e vituperevoli eccessi gli furono familiari, non rispettò nè la santa innocenza della puerizia, nè la sacrata fede del matrimonio, nè i vincoli stessi di natura, di sangue. Chi cade nel fango quanto più vi si dimena tanto più si imbratta: non posso dirti di un ributtante delitto di cui esso si contaminò, ma il marchio di eterna infamia che gli sta scritto in fronte te lo accenna abbastanza.

Per io sue sfacciate e impertinenti dissolutezze era da molti odiato, da tutti disprezzato, sfuggito come quei che più dal bruto traeva che dall’uomo. Fatto già attempatello pensò di rassegnare l’impiego, per ritirarsi nel luogo dove aveva i suoi beni, e quivi, fra le secrete mura del suo palazzo, procurarsi copiosi e