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nell'ozio, ne ha dovuto subire le troppo facili e funeste conseguenze, dandosi sfrenatamente ai due vizi che sono all’ozio indivisibili compagni, la ubriachezza cioè e il giuoco. A questi due vizi sposa una mente, per natura sua imbecille, e potrai facilmente intendere che questo balordo sarà il trastullo di quanti lo conosceranno e il punto di mira degli astuti e de' bori.

Ed ecco che tutti i sudori, le fatiche, i pensieri, i timori, gli affanni che dovè soffrire costui per ammassare tante ricchezze; le ingiustizie, i rubamenti, le estorsioni, le angherie, i soprusi, de’quali ha l’anima assomata per farsi danarioso e ricco, finiranno col dovere abbandonare il male accattato tesoro ad un figlio che disgraziatamente e dissennatamente lo getterà, ad una figlia che avrà breve e travagliata vita.

Egli non è così povero di consiglio che non conosca ora a suo danno essere pur troppo vero il proverbio, che quel che viene di ruffa in raffa, se ne va di buffa in baffa. Dopo aver condotta una vita di continuo travaglio, tapinandosi giorno e notte per far danaro; dopo aver sofferte privazioni di ogni sorta senza aver gustato mai un giorno di pace, si vede adesso prossimo a morire privo di ogni conforto e di speranza.

Anzi il disgraziato dilapidamcnto che esso prevede delle sue ricchezze, la sciagura, la maledizione che con tanti delitti ha chiamata in capo a’ suoi figli, la Divina Giustizia, alla quale dovrà presto render ragione dei commessi misfatti senza speranza di poterla ingannare e corrompere, sono agl’occhi della sua mente idee, pensieri così terribili e crudeli, che egli soffre anche adesso pene d’inferno. Ecco perchè disperato si strappa e svelle i capelli.

— Tira, tira e pelati, vecchiaccio infame, e vedi a

che conduca il furto! Dio faccia che almeno in punto di