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ebbe presto a pentirsene; conciossiachè non prima questo iniquo la ebbe sua, che gettò la maschera e si mostrò quale era, un freddo, indifferente egoista. Niun altro sentimento ebbe in lui potere mai, eccetto quello dell’interesse, egli non poteva dunque esser per la moglie quello che essa sperò, un innamorato.

Ebbe da questa donna due figli, una femmina e ua maschio, e perchè gli sembravan già troppi, volle fra sè e la consorte stabilita separazione di toro. Qui m’è imposto tacermi di un ributtante lenocinio, del quale costui si bruttò per far denaro. Ti basti che frugato sempre, invasato dal demone dell’interesse, non si rifiutò ad azioni così turpi, così nefande, infami, esecrabili, che un’anima sensibile, onesta, non può rammentarle senza inorridire e raccapriccire.

La di lui figlia, che era primogenita, giovane di grande spirito e ricca di pregi e di virtù non comuni, non poteva passare inosservata all’avaro, astuto padre, il quale non si peritò di far mercato delle di lei doti, sacrificandola ad un coticone rozzo, sguaiato, ignorante, da lui sopra ogni altro stimato, perché in quel luogo più di ogni altro ricco. La figlia si oppose, ma contro la espressa di lei volontà a quel tanghero la impalmò, e non si rimase di crudelmente vessarla, finchè essa non si piegò alle sue sozze, interessate brame.

— Oh mostro d’iniquità!

— Aveva questo ladro tre fratelli, due preti e uno secolare; quest’ultimo era ammogliato ed aveva una figlia. Uomo molto industrioso e insieme onesto e pio, non aveva accumulate ricchezze quanto costui, ma a furia di risparmi e di fatiche era riuscito a formarsi un discreto patrimonio: viveva quindi comodamente, e quel che più monta, onoratamente. Divenne vedovo