Pagina:Le murate di Firenze, ossia, la casa della depravazione e della morte.djvu/33


— 30 —

te i muri eran tutti di forbito argento; le porte, gli usci di oro finissimo aggirati da cornici di corallo finamente intagliate, e di perle e di diamanti tempestate.

Quivi io non sapeva se più ammirar dovessi il bello, il grande, o il sontuoso, il magnifico.

CAPITOLO XXV.

Prima veduta nel palazzo della verità.


Il buon genio lasciò che per qualche tempo estatico guardassi tanta bellezza e sontuosità, ma vedendo che io men rimaneva là inuzzolito, inebriato a bocca aperta, e immobile come una statua, di tal guisa parlommi: — A che tanto tempo perdi in guardar cose inutili? Su via, spacciati e vieni meco! Il tempo stringe, e quanto devo mostrarti val meglio assai di quel che guardi adesso.

— Eccomi a voi, buon vecchio, io non aveva veduta mai in vita mia una sì bella cosa, e tanto mi riesce nuova e sorprendente, che mi pare un sogno.

Entrammo un ampio portone che metteva a un andito largo e sfogato, a metà del quale s’incontrava un superbo magnifico scalone a chiocciola, che saliva intorno a un gruppo di colonne, siccome le altre gettate di pietre e marmi peregrini e preziosissimi. Salimmo quella scala, e pervenuti al primo piano ci vedemmo di rimpetto un lunghissimo e largo corridoio allumato da ampi finestroni, che in bell'ordine disposti si aprivano a sinistra, mentre a destra vedevasi una lunga