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scorgeva in fondo la luce; ma fremendo nell’animo di uscir fuori, eguasto com’era della libertà, risolvei di tentarlo quali fossero le difficoltà e i pericoli che incontrar potessi.

Entrai risoluto dentro quell’apertura, e camminando carponi vi procedeva coraggioso senza alcun riserbo, tutto di quella melma inzavordandomi. Presto mi ferì l’orecchio un fragoroso stroscio, come di una massa d’acqua che su altra acqua cadendo vi ribolle spumeggiante, si spande e rispiana; dondechè venni in sospetto che quello sfondo riuscisse sulla riva di qualche fiume. Quanto più avanzava, tanto più angusto mi si faceva il buco, e talvolta m’era necessità restare, e il corpo tutto strisciar sulla belletta e imbrodolarmi infino agli occhi; ma l’uscita era prossima, e la vista della luce il coraggio mi ritornava e la forza, e il desiderio di libertà siffattamente riaccendeva, che nulla curando difficoltà e ostacoli, sempre più affrettava di essere all’aperto.

Giunto in fondo uscii fuori la testa, e con mia gran sorpresa e spavento, invece di un fiume, come aveva sospettato, mi viddi innanzi il mare, che rotto a gran tempesta minaccioso e terribile muggendo bolliva. Mi affrettai di sortir dal buco, mi rizzai tosto in piedi, guardandomi attorno per vedere se fuggir potessi le ondate che già mi veniano alte e grosse ai piedi.

Il buco che io aveva percorso usciva all’angolo di due scogliere, che prolungandosi nel mare e sempre declinando vi si tuffavano e sommergevano. L’enorme altissimo macigno che mi stava alle spalle, calava a sottosquadro, e pareva che ad ogni istante dovesse rovinare e precipitarmi addosso. Le scogliere che da questa spiccavansi internandosi nel mare, erano scheggioni irti, repenti, nudi, deserti, che niuno che non avesse