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cedendo, arrivai a un punto dove il muro faceva gomito torcendo a sinistra.

Sostai, tastai tutto d’intorno attentamente, e parvemi poter credere di aver percorsa una sotterranea galleria che metteva ad uno sfondo, a cui faceva capo una scala. Rimasi qualche tempo in forse, non sapendo bene se miglior partito fosse il progredire o il retrocedere; se non che risovvenutomi del fuoco, pensai ben fatto l’allontanarmi quanto più potessi da sì terribile nemico.

Cominciai quindi a scender la scala, ma sempre con sollecita precauzione, tentando prima col piede ogni gradino per sentire se abbastanza fosse saldo per reggermi. Le scala pareva che col suo aggiramento circuisse un grosso e massiccio pilone che doveva posare profondo e basso. Mano a mano che io discendeva, sempre più sensibile e molesta mi saliva al naso una muffa atra e crudele, che l’animo mi sgagliardava e la volontà di proseguire innanzi; pur riprendeva le mosse e progrediva, finchè giunto in fondo mi trovai in un terreno declive, molliccio e lubrico.

Feci nuove e accurate indagini, e n’ebbi che io mi trovava in un bugigattolo da ogni parte serrato da muri; una sola uscita vi era, e così stretta e bassa che solo carponi vi si poteva incedere. Mi chinai, e messo a terra un ginocchio entrai col capo in quello sfondo; viddi giù giù lontano un sottilissimo spiraglio di luce che mi avvertì uscir quel buco all’aperto. Il fango, la mota, che alta io sentiva in quella buca mi persuadeva che quella uscita era stata in gran parte interrata da continui depositi che vi facevano le acque. Il volto era tutto grommato di un afronito, dal quale si emanava un vapore acre, fastidioso, acuto, mordente. Mai più mi sarei cimentato in quel valico, se non vi