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fosse condotto in un modo così illegale e vergognoso, che alcuna condanna così apertamente ingiusta fosse inflitta, alcuna persecuzione con un odio così feroce ributtante insaziabile fosse mai promossa e consumata.

Era conveniente e giusto che l’amico rivendicasse il suo onore, e se, come spero, zi risolverà a stampare i suoi scritti, anche coloro che s’intestarono a sostenere che quando il lume s’attacca vi deve essere o corda o uncino, toccheran con mano che esso non solo non era colpevole, ma che i giudici stessi che lo condannarono lo reputarono innocente. — Se mi si dice, così scrive l’amico, «io son reo di molti e gravi peccati dinanzi a Dio, chino la fronte e taccio, perché a mio danno e sventura è troppo vero; ma chi mi dice reo dinanzi alla umana giustizia è un mentitore; potrà dirlo sì, ma provarlo mai. Dio ha permesso che io sia umiliato, castigato, svillaneggiato, e non posso rammaricarmene, anzi lo ringrazio, perchè m’ha con questo procacciato un mezzo onde soddisfare, almeno in parte, alla Divina Giustizia, e prestata occasione di riparare al bene colla salutee dell’anima mia. Ma se benedico alla mano di Dio, che giustamente e saviamente mi ha percosso, non posso approvare, anzi condanno gli uomini che ne furono lo stromento, perchè essi non potevano e non dovevano per giustizia nè condannarmi nè punirmi. Se io ho offeso Dio, non ho però offesi gli uomini, se ho trasgredito la legge divina, ho pienamente e esattamente osservata la legge umana, e la umana giustizia non poteva e non doveva d’alcun modo colpirmi».

Lo dice, e lo prova; e il modo con cui lo prova è così chiaro, così certo, così compiuto, che non gli si può fare opposizione di sorta.