Pagina:Le monete di Venezia.pdf/97



ENRICO DANDOLO

DOGE DI VENEZIA

1192-1205


Quando Enrico Dandolo fu assunto al principato, Venezia era prospera e rigogliosa, le sue flotte varcavano i mari, la sua alleanza era cercata dai maggiori potentati d’Europa. La modesta città sorta dalle lagune aveva fatto rapidi progressi nel secolo fra Pietro Orseolo ed Enrico Dandolo. Quest’ultimo doge, ottuagenario e quasi cieco, conquistò Trieste, Zara e finalmente portò l’ultimo colpo all’Impero d’Oriente, entrando assieme ai crociati nella superba Bisanzio, altre volte padrona del mondo. Baldovino di Fiandra ebbe la corona imperiale, ma nella divisione delle spoglie, Venezia ebbe la parte migliore e conservò il predominio commerciale su tutto l’Oriente, che fu la sorgente della prosperità e della grandezza della repubblica.

In quest’epoca remota, in cui l’Europa usciva appena dalla barbarie, Venezia primeggiava per la sua civiltà: non vi è quindi da sorprendersi che nella sua zecca si iniziasse una delle più importanti riforme monetarie del secolo, qual’è la istituzione del grosso. Sino allora non esistevano in circolazione se non i denari, assai deteriorati dall’originario valore, differenti di peso e di bontà, incomodi a maneggiarsi; la varietà e l’incertezza del valore, aggravate da molte falsificazioni, recavano non poco danno al commercio, per cui la istituzione di una moneta più pesante, di ottimo argento, mantenuta sempre fedelmente dalla zecca nel peso e nel titolo stabiliti, fu un vero progresso, nel quale Venezia ebbe il vanto di precedere gli altri stati. Tale progresso fu accolto con immenso favore in Italia ed in Oriente, ed