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34 origini della zecca

Non è necessario discutere se Pietro Partecipazio era contemporaneo di Berengario, e cercare la perfetta concordanza storica, perchè non si tratta di un documento, ma solo di una memoria conservata per tradizione, e riportata da un dipinto ad un altro dopo un incendio.

Ma abbiamo di più: le monete stesse, cioè coniate a Venezia, coi nomi di Enrico, di Corrado, e colla iscrizione CRISTVS IMPER, le quali sono evidentemente quelle chiamate nei documenti nostrae monetae denariorum parvorum1, monetae Venetiarum2, libras nostrorum denariorum. Per monete nostre non bisogna credere s’intendessero quelle improntate coi nomi e con le effigie dei dogi, ma bensì quelle coniate nella nostra città e col nome di Venezia e dell’imperatore, come ne troviamo anche nei tempi posteriori coi nomi degli imperatori battute in città che si reggevano a comune, con una completa indipendenza, solo riconoscendo l’alta sovranità imperiale. In quell’epoca il diritto di moneta si considerava più che altro dal punto di vista economico e per l’utile che ne poteva ridondare all’erario; l’imperatore concedeva questo diritto regale a chi glielo compensava con una conveniente somma di denaro. Nè mi conturba l’idea che queste monete siano posteriori di cinquanta o sessant’anni al diploma di Rodolfo, perchè i Veneziani possono aver tardato a far uso del loro privilegio, e può essere anche avvenuto che qualche nummo coniato in questo periodo non sia giunto sino a noi. Un indizio di ciò sarebbe, che il tipo delle monete sovracitate non è quello usato da quegli stessi imperatori nelle altre loro zecche, ma bensì uno più antico. Il rovescio di queste monete ha il tempietto carolingio, nel quale le colonne sorio sostituite dalle lettere VENECI, ed invece della iscrizione XPISTIANA RELIGIO vi è un ornato composto di lettere che non hanno alcun significato.

Ora il primo che abbia abbandonato quell’iscrizione nelle sue

  1. Testamento del doge Pietro Orseolo II sopracitato.
  2. Brunacci, De re nummaria Patavinorum, Venetiis, Pasquali, 1744, pag. 5 e 6 cita due documenti in cui si parla di lire e soldi monetae Venetiarum.