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assegnando a tale scopo prima 500 ducati, poi altri 500, ed autorizzando con altro decreto del 1 dicembre1 dello stesso anno a coprire la deficienza cogli utili della zecca dell’oro e dell’argento.

Così fu respinta per la seconda volta la riforma che tendeva ad abolire la moneta di mistura, facile ad essere falsificata con metallo cattivo; ma resta il sospetto che la ragione della poca fortuna di un tale progetto fosse, più che altro, il ritratto del doge che vi era scolpito, il quale sembrava a molti una grave infrazione ai costumi dei padri ed ai tipi tradizionali delle monete veneziane.

Però nelle raccolte numismatiche si conservano piccoli di puro rame, colla testa del principe, che corrispondono esattamente ai campioni ordinati alla zecca da Triadan Gritti colla nota già citata, dove sono chiamati col nome espressivo di Piccoli grandi. Essi portano le traccie di essere stati in circolazione, e, sebbene sieno assai rari, se ne conoscono di due varietà affatto distinte, con differenze di conio, che autorizzano a supporre una emissione sufficientemente abbondante. Non potendosi credere che un’altra votazione abbia approvato quello che prima era stato ripetutamente rigettato, sarei disposto a ritenere che la prova delle monete di rame sia stata fatta in una misura più larga del consueto, e che, prima di domandare l’approvazione del Senato, il Collegio, da cui dipendeva direttamente la zecca, e che forse era convinto della opportunità della proposta, abbia messo in circolazione una certa quantità di piccoli colla testa del doge. Ne abbiamo un indizio nelle ripetute proibizioni di coniare bagattini senza il permesso del Senato, ovvero di eccedere la quantità fissata per legge, e nella intimazione conservata nel Capitolare delle Brocche2 in data 5 ottobre 1464, colla quale la Signoria vieta ai massari di battere o far battere bagattini senza suo ordine.


  1. R. Archivio di Stato. Senato, Terra reg. V, carte 108.
  2. R. Archivio di Stato. — Capitolare delle Brocche, carte 38.