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francesco foscari 263

comune, avente sul diritto una croce patente col nome del doge e sul rovescio un leoncino rampante e le sole lettere S. M. Essa è tanto tenue, tanto leggera, che riesce difficile a comprendersi come abbia potuto essere praticamente adoperata. Ne troviamo la spiegazione in un decreto dei Pregadi del 21 giugno 14461, che abolisce l’antico modello dei piccoli ed ordina una nuova stampa, la cui scelta affida al Collegio, ma colla stessa lega e colla stessa bontà. Lo scopo di questo cambiamento era quello di liberarsi da molte falsificazioni che infestavano il paese, e, sebbene non sia espresso, è facile intendere che si tratta di quei piccoli scodellati, che si coniavano per Venezia e che avevano corso nel dogado e nei territori vicini di Padova e di Treviso. Infatti questi denaretti hanno lo stesso intrinseco e lo stesso peso dei precedenti denari scodellati, sebbene seguano la tendenza comune delle monete di quest’epoca, e cioè vadano insensibilmente scapitando nel peso, dacchè si cercava di aumentare quant’era possibile il largo guadagno, che la fabbricazione recava al pubblico erario, essendo lo stato travagliato da bisogni sempre crescenti. Così finisce e scompare una delle più antiche monete veneziane, che era stata la prima base della nostra monetazione; ma il piccolo nummo chiamato a sostituirla era destinato a breve vita, perchè la sua esiguità conduceva naturalmente ad adoprare il puro rame, come avvenne più tardi.

Nel 18 dicembre 14532 il Senato ordina alla zecca di coniare colla massima sollecitudine, per la somma di 20,000 ducati, quattrini da 4 piccoli l’uno, i quali sieno spesi in tutto lo Stato, ad eccezione della città di Venezia, proibendo però di eccedere quella somma senza autorizzazione dello stesso Consiglio. Tali quattrini si trovano assai facilmente anche oggi, ed hanno sul diritto la croce col nome del doge e sul rovescio un leone rampante senza ali, che tiene nelle zampe anteriori la spada. Servivano utilmente per avere una comune moneta nei conteggi delle varie lire adoperate nella terra ferma veneziana, giacchè

  1. Documento XXVIII.
  2. Documento XXIX.