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cui gli abitanti s’erano dati pochi anni prima a Venezia, e nel 1458, dopo una memorabile difesa, entrarono in Costantinopoli, con gravissimo danno del commercio e dell’influenza dei Veneziani, che non avevano potuto recare efficace soccorso ai Greci, per l’abbandono di tutte le potenze europee e per la mancanza di forze militari ed economiche stremate nelle guerre d’occidente.

Gli ultimi anni del vecchio doge furono amareggiati da sventure e dolori, e principalmente dalla condanna del figlio Jacopo, che si era reso colpevole di gravi infrazioni alle leggi dello stato. Finalmente la deposizione dal dogado, consigliata da crudele ragione di stato, o da altri motivi assai difficili ad apprezzarsi, a distanza di secoli, affrettò la fine di quel principe elettivo, che aveva avuto più lungo regno.

Quanto alla zecca, pochi fatti importanti sono da notare in questo periodo, meno forse che in altri regni più brevi, ma più calmi. Relativamente al più prezioso dei metalli non si conoscono che due soli documenti: un decreto del 18 settembre 14531 con cui il Senato delibera di eleggere tre nobili per istudiare e proporre quelle misure che credessero più utili ad aumentare il concorso e la coniazione dell’oro, ed una legge del 1 dicembre 14542, colla quale il Maggior Consiglio incarica il Senato di fare all’ufficio del saggio dell’oro quelle riforme che stimasse convenienti a mantenere il ducato in quella perfezione, per la quale è reputato in tutto il mondo. Non havvi memoria che gli studi ordinati e le proposte, che dovevano esserne la conseguenza, abbiano avuto un pratico risultamento, anzi è da ritenere che nessun provvedimento sia stato adottato, non trovandosene traccia nel Capitolare dei massari all’oro. Dalle considerazioni che precedono il decreto 18 settembre 1453, in cui è detto che la quantità dell’oro portato in zecca era minima, mentre abbondantissimo era l’argento che si coniava in moneta, si può facilmente argomentare che gli inconvenienti lamentati di-

  1. R. Archivio di Stato. Senato, Terra reg. III. carte 79.
  2. R. Archivio di Stato. Maggior Consiglio, registro Ursa carte 191.