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vinare l’imitazione di un pezzo che non si lavorava ordinariamente.

Non conosciamo le ragioni della diminuzione e poi della cessazione della battitura del grosso: forse in passato se ne era coniata troppo grande quantità, ma più probabilmente le imitazioni avevano scemato il pregio di questa reputatissima moneta. Ve n’ha indizio nei molti provvedimenti fatti in questo torno di tempo contro i falsificatori e traboccatori di monete. Durante il breve ducato di Giovanni Gradenigo, troviamo, nel 22 giugno 13551, confermate le disposizioni relative alle monete false e scadenti (frisachesi, carrarini e denari a XXII), bandite l’anno prima, e nel 21 novembre dello stesso anno inasprite le pene comminate ai contravventori della legge 27 febbraio 1353-1354, colla quale si vietava l’imitazione di monete forestiere a Venezia e nello stato. Perfino i correttori, della promissione ducale, raccolti in un momento tanto agitato, come quello che correva tra la condanna del Falier e la elezione del Gradenigo, pensarono di completare le disposizioni che riguardavano i falsificatori di monete veneziane, proponendo che anche ai forestieri fosse applicata la pena del fuoco minacciata ai veneti, tanto se il reato fosse commesso a Venezia come altrove, ed il Maggior Consiglio nel giorno 19 aprile 13552 approvava la proposta.


  1. R. Archivio di Stato. Capitolare degli ufficiali di Levante, carte 21 tergo.
  2.            ivi            Maggior Consiglio, Reg. Novella, c. 37 tergo.