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il valore di un bisante di Costantinopoli, o forse lo stesso bisante degli imperatori greci, il quale continuava ad essere in corso in tutti i paesi che avevano fatto parte dell’antico impero.

I veneziani, che dopo la conquista di Costantinopoli avevano ottenuto il predominio commerciale e monetario in Oriente, si trovarono danneggiati nei loro interessi dalla introduzione del denaro tornese, che soddisfaceva al bisogno di moneta spicciola. Di questa preoccupazione si scorgono le traccie nei lagni espressi in parecchi documenti della prima metà del secolo XIV, non solo per le imitazioni di monete veneziane, ma anche per le nuove monete introdotte dai principi di Romania.

Dopo di avere provveduto ad una migliore sistemazione della moneta piccola di argento fino, colla emissione dei nuovi mezzanini e dei nuovi soldini, il Senato, o la Quarantia, pensarono che sarebbe tornato vantaggioso al Comune di fabbricare anche delle monetine di poco valore sul tipo del tornesello dell’Acaja; fabbricazione alla quale si mirava forse fino dal giorno in cui si pensò di aprire una officina in Corone o Modone, ma che non fu posta in esecuzione se non negli ultimi anni del principato di Andrea Dandolo, quando le circostanze erano più favorevoli per le guerre e l’anarchia che desolavano il Peloponeso.

I torneselli veneziani somigliano a quelli di Chiarenza nel peso, nella forma ed anche nella lega, alquanto inferiore a quella indicata dal Pegolotti. Sul diritto hanno la croce patente col nome del principe; ma, invece del castello da cui traggono il nome, portano il Leone di S. Marco per la prima volta colle ali, accosciato in quella forma che dal nostro popolo fu detta leone in molleca, ed in termine di zecca leone in soldo, colla leggenda espressiva VEXILIFER VENETIARVM.

Sebbene non si conosca la legge con cui fu ordinata la coniazione del tornese, possiamo essere certi che nella zecca di Venezia e non altrove essa fu cominciata dopo la metà del secolo XIV. Ne abbiamo la prova in una istanza del 20 giugno 13541 di Gio-

  1. R. Archivio di Stato. Maggior Consiglio Grazie, Registro XIII, carte 46 t.