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Torna opportuno, a proposito dell’origine del tornese levantino, riprodurre le parole con cui Marino Sanuto, nella Istoria del Regno di Romania1, racconta il viaggio di Guglielmo di Villehardouin a Cipro per fare omaggio a S. Luigi re di Francia, che si recava in Palestina nell’inverno 1249: «Intendendo il principe Guglielmo che il Re passava in persona, volse andar egli a passarvi con circa 24 tra gallere e navilj e con 400 boni cavalli passò al Re. E dicendo egli al Re: Signor Sir tu sei maggior signor di me e puoi condur gente dove vuoi e quanta vuoi senza denari: io non posso far così. Il Re gli fece gratia ch’el potesse battere torneselli della lega del Re mettendo in una libbra tre onze e mezza d’argento.» Senza occuparci di quanto possa esservi di vero nella leggenda o tradizione ricordata dal celebre diarista veneziano, l’epoca ivi segnata concorda colle monete, non sembrando che il tornese sia stato coniato in Acaja se non dopo il 1250.

Altre notizie importanti delle monete che correvano in quei paesi possiamo rilevare dal diligentissimo Pegolotti, il quale dedica a Chiarenza il capitolo XIII, ove dice: «In Chiarenza e per tutta la Morea vanno a perpero sterlini 20, e gli sterlini non vi si vendono, nè vi si veggiono, ma spendonvisi torneselli piccioli che sono di lega oncie due e mezza d’argento fine per libbra, ed entrane per libbra soldi 33 denari 4 a conto e ogni denari 4 de’ detti tornesi piccioli si contano per uno steriino; e gli tre sterlini un grosso viniziano di zecca di Vinegia e gli 7 grossi un pipero (iperpero)..... La moneta di Chiarenza chiamasi..... tornesella picciola.»2

Da questo paragrafo importante si rileva che il tornesello era la sola moneta reale coniata nel paese e la vera base del sistema monetario, che 4 torneselli formavano uno sterlino, moneta meramente ideale, e che 20 steriini formavano un iperpero, il quale doveva essere una moneta di conto, che aveva

  1. Hopf Charles. Chroniques gréco-romanes inédites ou peu connues etc. Berlin 1873, pag. 98. — R. Biblioteca di S. Marco, codice DCCXII, It. cl. VII.
  2. Pegolotti F. B. Opera citata, pag. 106-108.