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vestito di ampio paludamento, il quale offre il patrio stendardo al doge inginocchiato ohe riverente lo prende colla destra, il principe ha sul capo la berretta ducale di forma antica con cerchio di gemme e la cuffia o camauro allacciato sotto il mento. La testa e gli ornamenti sono finamente lavorati, il manto ornato di pelliccia cade artisticamente sul corpo; solo le gambe del doge genuflesso hanno una certa piegatura alquanto primitiva, che mostra l’infanzia dell’arte, ma non è priva di grazia e di ingenuità.

Sul rovescio il Redentore non ha più il seggiolone, sul quale siamo soliti vederlo seduto in tutte le manifestazioni più importanti dell’arte e del culto bizantino, ma ritto in piedi, abbandona le forme abituali per prendere un’ampio vestito drappeggiato con buon gusto. Non ostante queste mutazioni, dal libro che tiene nella mano sinistra, dalla destra ehe benedice, e sopra tutto dal greco nimbo colla croce, si riconosce, che l’artista ebbe per modello non solo il rovescio del grosso, ma anche la tradizione dell’arte religiosa bizantina e le successive modificazioni ad essa recate dai primi albori del rinascimento italiano. La figura del Redentore è chiusa in un aureola elittica, o per dir meglio composta di due archi di cerchio che si uniscono a sesto acuto. È questa una concezione poetica ed allegorica prediletta del medio evo, che si vede nelle antichissime tavole di soggetto mistico e religioso ed anche in alcuni mosaici che esistevano nella facciata della chiesa di S. Marco, fedelmente riprodotti dal pennello di Gentile Bellino. Se fossero conservati i disegni di tutti quelli che nell’interno della basilica furono sostituiti da lavori più recenti, si avrebbe forse una serie completa, da cui studiare la graduale trasformazione del pensiero religioso ed artistico. Essa rappresenta una parte e precisamente un fuso delle sfere celesti, che sul rovescio del ducato è cosparso di stelle per far comprendere meglio l’idea dove manca il colore. Questa bella moneta ha molta rotondità e rilievo ed è superiore a tutte quelle coniate nella stessa epoca, perfezione che durò pochi anni, essendosi più tardi trascurato assai il lavoro d’intaglio per la fretta causata dall’abbondantissima fabbricazione.