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presentaronsi all’istante, e pregatili cortesemente a sedere, narrò loro la storia d’Azem, chiedendo poi che cosa ne pensassero.

«— Questa storia è maravigliosa,» sclamarono essi, «ed il progetto di codesto giovine ben temerario; pure, noi faremo ciò che desiderate, signore, trasportando il vostro protetto di montagna in montagna, di deserto in deserto fino ai limiti del nostro territorio; ivi lo lasceremo, non essendoci permesso di andar più lungi, non osando mettere il piede in luoghi abitati da geni più possenti di noi, e di cui avremmo a temere il risentimento. — Accetto la vostra offerta con gratitudine!» sclamò Azem; «e se lo permettete, partiremo senza indugio, perchè il tempo è prezioso. —

«Azem si congedò dunque da Ab al Sullyb, ed i dieci geni messolo in mezzo, presero il volo, e dopo un giorno ed una notte, fermaronsi in un paese chiamato la terra di Kafoor; colà, era il termine del loro viaggio. Non potendo più essere utili ad Azera, augurarongli un buon successo, e scomparvero.

«Egli continuò il suo viaggio, e dopo aver volta al cielo una fervida preghiera, camminò per dieci giorni senza trovare sembianza umana, non avendo per altro nutrimento che i frutti degli alberi. Alla fine, egli scorse tre uomini che parevano animati da estrema collera, e come disposti a venire alle mani. Azem accingevasi ad avanzarsi per separarli, quando i tre uomini, scorgendolo, sclamarono: — Bisogna che questo giovane sia giudice della nostra lite.

«Tosto dirigendosi alla sua volta, gli domandarono se voleva essere loro arbitro. Azem acconsentì; essi allora gli mostrarono un berretto un tamburo ed un pallone, dicendo: — Noi siamo tre fratelli, ed abbiamo ereditato dai nostri parenti questi oggetti: ma