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probabilmente lo sfortunato giovine passato qualche tempo fa col mago Bharam! — È lui appunto,» sclamò Azem, gettandosele alle ginocchia per domandarle ospitalità. — Voi non avete bisogno di pregare,» rispos’ella; «se non foste stato col vecchio Guebro, vi avremmo avuto con noi in questo palazzo da gran tempo. Sin dall’infanzia nostro padre ci ha relegate in questo remoto edificio, costruito dai geni. Noi siamo incaricate della cura degli appartamenti, e saremmo liete che ci aiutaste in codesto lavoro: vi tratteremo come nostro fratello —

«Il giovine accettò con gioia la proposta. Non aveva quasi nulla da fare, e domandavasi sovente a che cosa un castello sì magnifico, e nello stesso tempo sì lontano da tutte le città, potesse servire. Viveva nel miglior accordo colle due sorelle, e la sua amicizia per loro andava ognor più crescendo: accadeva però, che a certe epoche, lo facevano nascondere in un appartamento d’onde non poteva veder nulla di quanto succedeva nel castello. Si avvisò un giorno d’infrangere gli ordini delle sorelle, e celarsi nei boschetti. Qual fu la sua meraviglia, vedendo nella vasca del giardino molte leggiadre fanciulle che davansi ai piaceri del bagno. Azem ne osservò soprattutto una di cui s’invaghì sull’atto; aspettò che avessero finito di bagnarsi, e le vide vestire stoffe leggiere e sparir nell’aere. Azem usò varie volte del medesimo strattagemma per contemplare la bella incognita; ma le due sorelle, che ignoravanlo, vedevano con dispiacere ch’egli deperiva sensibilmente; alfine venne a tal punto, che si dovè temere della sua vita. Allora, sollecitato dalle amiche, confessò la sua colpa, e come l’amore ne lo avesse punito. Esse cercarono indarno di fargli sentire la follia di quella passione, e quanto fosse irragionevole l’aspirare alla mano d’una delle figlie del re dei geni (quel castello era uno dei loro ritrovi di piacere).