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lerai giù, scendendo quindi tu pure in tal modo, e ci riporremo in viaggio. —

«Azem fu costretto a sottomettersi al volere del mago, malgrado la diffidenza che ne aveva, e si lasciò adunque rinchiudere nel corpo del camello. Vi era già da alcune ore, allorchè, secondo le parole del mago, uno degli enormi uccelli che abitavano in vetta al monte, scagliossi sul camello appena lo ebbe veduto, ed afferratolo cogli artigli, lo portò sulla punta più alta di quelle rupi.»

Lo spuntare del giorno troncò il racconto di Scheherazade; all’indomani, essa lo continuò in questi sensi:

NOTTE DLXV

— Sire,» disse, volgendosi al sultano delle Indie, «il giovane musulmano si conformò alle istruzioni ricevute: spaventato il roc, uscì dal camello, riempì il sacco di polvere nera, e si avvicinò alla roccia perpendicolare appiè della quale lo aspettava il vecchio Guebro. Quando costui lo vide, si mise a prodigargli lodi ed incoraggiamenti. — Vieni, diletto figliuolo,» gli diceva, «la nostra fortuna è ormai certa, ed a te solo ne sarò grato. Attacca il sacco alla corda che hai, e calalo giù fino a me; lega poscia la fune strettamente ad uno degli alberi vicino ai quali ti trovi, e scendi per raggiungermi. —

«Azem, senza diffidenza, attaccò il sacco e la lasciò cadere fino a terra; ma appena Bahram ebbe afferrata la corda, si mise a tirarla con tutta forza,