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scorse la terra; il mago discese con Azem, di cui aveva quasi ricuperata la fiducia, e gli disse che andava in cerca del paese ove trovavasi l’oro. Ingiunse al capitano di aspettarli un mese su quella spiaggia, e si avanzò nell’interno delle terre. Quando si trovò solo con Azem, trasse dalla veste un tamburello e due bacchette, battè una marcia, e tosto un vento furioso si alzò nel deserto. Una colonna di sabbia formossi: Azem ne fu spaventato, ma rimase gradevolmente sorpreso, quando la colonna d’arena scomparve, lasciandogli scorgere tre camelli: uno era carico di tutte le provvigioni necessarie ad un viaggio; due altri, riccamente bardati, sembravano aspettare i cavalieri. Bharam invitò Azem a montarne uno, prese l’altro, e partirono con prodigiosa celerità. Non videro nulla di notabile per otto giorni: il nono, Azem scorse qualche cosa di brillante all’orizzonte; s’inoltrarono, e potè contemplare la splendida architettura d’un castello rifulgente d’oro e di pietre preziose; un immenso spazio, sparso di deliziosi boschetti, stava sul dinanzi.

«Appena il mago, che non erasi alla prima accorto di tale spettacolo, l’ebbe veduto, volse le spalle, e si mise a fuggire con tutta la velocità del suo camello. Azem avrebbe ben voluto dirigersi verso il castello, ma l’animale che montava seguì quello del mago, malgrado tutti i suoi sforzi e non sostò se non quando Bharam, penetrato in un foltissimo bosco, si credette in salvo. Rispose allora alle domande di Azem, che il palazzo da lui veduto era abitato da geni malefici, suoi nemici, de’ quali promise narrargli un dì l’istoria.

«Si rimisero in viaggio, e Bharam, in capo ad alcuni giorni, chiese al compagno se non vedesse nulla all’orizzonte.

«— Vedo,» gli rispose questi, «una catena di