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potente genio, chiamato Abusaadet, il quale fa quanto gli comando. Se vuoi tornare con me al Cairo, farò fabbricare un palazzo di marmo adorno di tappeti di seta. Avremo venti schiavi ai nostri ordini, buona tavola, abiti magnifici, e condurremo vita piacevole e tranquilla. T’appigli a questo partito, o vuoi meglio essere regina qui?» Fatima gli baciò la mano, e disse che gli lasciava la scelta. Maruf la fece regina per ricompensarla della sua sommissione. Durante il giorno la trattava con tutti i riguardi, ma la trascurava di notte, perchè avendo molte belle e giovani schiave, e Fatima essendo vecchia, egli l'aveva in avversione, e quantunque le usasse le massime attenzioni, era tra loro passato il tempo dell’amore. Come dice un poeta, il cuore somiglia al vetro; spezzato una volta, i frammenti non si ricongiungono mai più.
«Allorchè Fatima venne a scoprire la condotta del marito, ne concepì mortal gelosia, ed il demonio le suggerì l’idea di rapire l'anello ed uccidere il marito per impadronirsi dell’impero. Per eseguire tal disegno, recossi ella una notte nell’appartamento, dove il re soleva dormire con una giovane schiava. Se non che temendo di aver la sorte del visir al quale la regina aveva tolto l'anello fra le carezze che gli faceva, Maruf non lo portava mai in dito, collocandolo alla notte sotto il capezzale e chiudendo alla mattina, quando andava al bagno, la porta del gabinetto con diligenza, affinchè niuno vi potesse penetrare. La notte che Fatima voleva mettere ad effetto l’iniquo disegno, il figliuoletto di Maruf trovavasi nella galleria per la quale passava la vecchia megera, e la vide dirigersi rapidamente nell’oscurità verso la camera del padre. Dubitando colei non meditasse qualche scelleraggine, la seguì senza rumore. Portava il giovanetto di solito una piccola scimitarra, e quando udì camminare la vecchia, la impugnò. Suo padre ed i cortigiani solevano motteggiarlo per quella sciaboletta, ed il re: — Non hai ancor potuto con quella tagliare una sola testa,» gli diceva. — Devo,» rispondeva il giovanetto, «devo provarla su d’una testa che meriti di essere tagliata.» Seguì dunque