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ordini tuoi saranno adempiti colta massima npidità. Quando dunque tu abbia bisogno del mio aiuto, sia sulla terra o sul mare, frega l’anello e chiamami per la virtù dei nomi che vi sono incisi, e vedrai quello che posso fare. — Ma come ti chiami?» domandò Maruf; «bisogna che almeno sappia il tuo nome per evocarli. — Mi chiamo Abusaadet,» rispose il genio, «vale a dire Padre della Felicità. — Or bene, Abusaadet, in qual luogo ci troviamo ora, e chi ti ha assoggettato all’anello? — Padrone, questo luogo è il tesoro di Scedad, figliuolo di Aad, e che fabbricò la celebre città d’Irem Zatolamed. Durante la sua vita gli fui schiavo, ed è l’anello suo quello che ora voi possedete. — Potresti tu portare sulla terra tutti i tesori qui nascosti? — Nulla di più facile. — Bene, fallo,» disse Maruf. Spalancossi allora la terra, e si videro comparire due giovinetti di grande bellezza, che empirono d’oro alcuni panieri sinchè nulla più rimase nel tesoro. — Chi sono quei due amabili giovinetti?» chiese Maruf. — Sono i miei due figli,» rispose Abusaadet, «poichè non posso adoperare altri in questo lavoro, al quale tutti i geni non convengono. Padrone, abbiamo adempito gli ordini vostri; cosa volete ancora? — Potreste procurarmi casse e muli per portar via tutti questi tesori? — Nulla di più facile.» Mandò il genio un grande strido per chiamare tutti i suoi figliuoli, che subito comparvero in numero di seicento. All’ordine del padre, la metà di essi si tramutò in muli, e l’altra metà in mulattieri ed in mamelucchi montati sopra superbi cavalli, i quali erano altrettanti geni d’ordine inferiore che servivano di cavalcatura agli altri di grado più elevato. Caricaronsi sui trecento muli le casse piene d’oro e di pietre preziose, ed allora: — Potreste procurarmi stoffe?» domandò Maruf. — In abbondanza,» il genio rispose. «Volete stoffe di Siria, o d’Egitto, dell’Indie o della Persia, della China o di Grecia? — Portami, cento carichi di ciascuna di esse. — Padrone,» ripigliò il genio, «concedimi qualche tempo, onde mandi in ciascheduna di quelle lontane regioni, i geni che