sare un uomo magnificamente vestito, montato sur una mula, ed accompagnato da due schiavi, che gli camminavano innanzi per aprire la folla. — Non vi vergognate,» diss’egli alla moltitudine, «di tormentare così questo forastiero? Non avete diritto di fargli alcun male.» Niuno seppe cosa rispondere, e Maruf ringraziò il Kovagia che invitollo a casa sua. Accettò il tapino con molto giubilo e riconoscenza: fu accolto benissimo e magnificamente trattato nella casa del Kovagia, e mangiato insieme, si fece questi a chiedergli come si chiamasse e quale ne fosse la professione. — Mi chiamano Maruf,» egli rispose, «e mio mestiere è racconciare vecchie scranne e mobili vecchi. — Di qual città siete?— Del Cairo. — Di qual quartiere?» Maruf glie lo nominò. — Come,» riprese l’altro, «voi dimorate al Cairo? — Senza dubbio, vi son nato. — Potrei chiedervi in qual parte della città? — Nella via Rossa. — Conoscete nessuno che abita in quel quartiere? — Sì,» rispose Maruf; e nominò parecchie persone di sua conoscenza. — Conoscereste forse anche lo sceik Ahmed, mercante di colori? — Ah! buon Dio! se lo conosco! è il più prossimo mio vicino. — Sta bene? — La Dio mercè perfettamente. — Quanti figli ha? — Tre, Mustafà, Mohammed ed Alì. — Cosa fanno? — Mustafà è professore in un medresseh1. Mohammed ha bottega di colori vicino al padre, e sua moglie si è di recente sgravata del piccolo Hassan. Quanto ad Alì, è mio camerata d’infanzia; abbiam fatto insieme mille diavolerie: eravamo soliti vestirci da garzoncelli cristiani per introdurci nelle chiese, e rubarvi i libri che rivendevamo a caro prezzo ai preti. Un giorno, un cristiano ci colse sul fatto: si dolsero i preti al padre di Alì, e lo minacciarono di portare le loro querele al re; Ahmed castigò severamente il figlio, che prese la fuga, e non si è più riveduto, benchè sia una buona ventina d’anni. — Ebbene, «sclamò il Kovagià, «riconosci in me il tuo antico amico Alì, il figliuolo
- ↑ Collegio o stabilimento dell’istruzione pubblica.