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zare. Il custode del khan domandò alla mattina chi avesse in tutta la notte fatto udire quei tanti gemiti, e gli fu risposto ch’era un ammalato. — Perchè,» disse il custode, «non l’affidate alla dotta Ragika? — Chi è questa donna?» si chiese. — È una signora che guarisce tutti i mali, nella stessa sera che le si porta l’infermo.» Il medico della caravana fece dunque portare Abdallah nella casa indicata, ove vide entrare ed uscire gran numero di persone. Appena Abdallah vi fu entrato, riconobbe in Ragika la sua sposa, la figliuola del re dei geni, e le chiese per qual avventura si trovasse colà. — Sono venuta qui,» rispose, «per ordine del profeta Khisr, il quale mi disse che i vostri fratelli vi aveano gettato di nuovo in mare, d’onde foste salvato da un delfino, e che quindi dovevate venir qui. Mi vi sono dunque stabilita sotto il nome di Ragika; le mie cure meravigliose m’hanno procacciata immensa riputazione, e vivo in grande abbondanza, mercè del mio talento e del profeta Khisr, che continua a venirmi a visitare ogni venerdì.» Ed era precisamente quel giorno. Abdallah si reficiò, ed attese colla sposa il profeta. Venne egli secondo il solito, ed in un batter di ciglio li trasportò al palazzo di Abdallah, in Basra. Avendo il governatore aperto le cortine per guardar il mare, il primo spettacolo che gli si offerse furono i suoi fratelli impalati sulla spiaggia. Allorchè erano andati ad annunziare al califfo la falsa notizia della morte del fratello, Aaron aveva pronunziata una preghiera di rikaat, per isforzare i geni a palesargli la verità intorno al destino di Abdallah, e siccome ricusavano di rispondere, ei fece comparire la medesima Saide, la quale gli svelò l’occorso. Aaron comandò adunque sul momento d’impalare Nassir e Mansur dinanzi al palazzo. Abdallah li fece seppellire, e recossi a Bagdad per fare la corte al califfo.