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tà. — Non ti aveva io comandato,» disse, «d’incatenare i tuoi fratelli, e frustarli ogni sera? Li frusterò dunque io medesima, e tu ogni sera subirai questo castigo se non obbedirai.» E qui si mise a percuotere si crudelmente i miei fratelli, che sarebbero spirati sotto a’ suoi colpi, se non mi fossi gettato ai di lei piedi, e non le avessi solennemente giurato di sottopormi alla domane ai suoi voleri, a condizione ch’ella risparmierebbe loro la vita. Il giorno appresso ebbi cura di far fare due collari d’oro per legarli. Tutte queste cose accaddero al tempo del califfo Mostassem, che m’innalzò alla carica di governatore di Basra, nella quale voi, Commendatore dei credenti, vi compiaceste poi di confermarmi. Da dieci anni faccio ogni notte subire a’ miei fratelli simil trattamento, e non oso mettervi termine per timore del castigo onde m’ha minacciate la mia sposa, figliuola dei geni; poichè se nello spazio di tempo che dissi, stetti qualche notte senza batterli, sperando che l’ira della mia sposa fosse calmata, essa mi ha sempre maltrattato come nella prima notte. Del resto, niuno era a parte del mistero, e senza la curiosità d’Ishak di Mossul e l’ordine di vostra maestà, sarebbe rimasto sepolto in eterno silenzio. —

«Non poteva Aaron rinvenire dalla maraviglia prodotta dallo straordinario racconto. — Ma avete voi perdonato ai vostri fratelli?» chiese ad Abdallah. — Sinceramente,» rispose il governatore; «ma tocca piuttosto ad essi a perdonarmi, a me che da dieci anni li tratto sì spietatamente. — Bene,» riprese il califfo, «non istate a batterli questa sera. — Commendatore de’ credenti,» fece Abdallah, «non ardirei obbedirvi, perchè sarebbe un esporre la mia vita e quella de’ miei fratelli. — Fate pure quello che vi ordino,» replicò il califfo, «e quando domattina verrà la vostra sposa, le consegnerete il biglietto che