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vedere lo straniero; la sua curiosità, o, a meglio dire, la sua ambizione era troppo forte, per poter approfittare dei buoni consigli della madre.

«All’alba, egli corse alla bottega; lo straniero non si fece aspettare, e giunse con un crogiuolo in mano. Dopo i saluti d’uso, gli ordinò di accendere il fuoco, e chiese se avesse qualche metallo di vil prezzo, come ferro, piombo od altro. Azem trovò nella sua officina un vecchio vaso di rame, ch’essi tagliarono a pezzi e misero nel crogiuolo. Allora l’alchimista levò il turbante, lo spiegò, e presovi un po’ di una polvere gialla, la gettò sul metallo, pronunciando parole misteriose.

«Poco tempo dopo tolse il crogiuolo dal fuoco, ne ritrasse il contenuto, e mostrò allo stupefatto Azem un pezzo d’oro purissimo, inducendolo a portarlo dal cambiavalute per accertarsene. — Siete ora contento della mia abilità?» aggiunse l’alchimista trionfante; e siccome Azem, maravigliato, lo pregava di fargli parte del segreto: Stasera,» gli disse, «io cenerò con voi, e se siamo soli, soddisferò al vostro desiderio. —

«Essi recaronsi tosto alla casa. Azem mostrò alla madre il pezzo d’oro che aveva veduto fare, la pregò d’andar a passare la sera presso una vicina, onde potesse restar solo coll’ospite, e preparò la cena più splendida che gli fu possibile. La madre, convinta, non fece osservazione alcuna, e si conformò a’ di lui desiderii.

«Quando fu partita, si misero a tavola. Azem mangiava coll’appetito d’un miserello cui sia capitato d’improvviso un colpo di fortuna. Quantunque buono e zelante musulmano, non tralasciò di ber molto vino, bevanda alla quale non era avvezzo, e subito si ubbriacò.

«Il perfido vecchio, vedendolo in quello stato, approfittò del momento per gettare una polvere sopo-